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Villocentesi: quali patologie rileva

Andrebbe fatta entro la 13 settimana. Vediamo come e perché è necessaria la villocentesi

Durante il periodo della gravidanza, la donna si sottopone ad una serie di esami per controllare che la stessa proceda in modo regolare e che il feto cresca senza problemi. Negli ultimi anni, un esame molto importante che può essere effettuato a partire dalla decima settimana di gestazione è la villocentesi. Cerchiamo di capire insieme in cosa consiste e perché è importante effettuarla e in quali circostanze.

Che cos’è la villocentesi

Il nome corretto di questo esame è Prelievo dei villi coriali ed è un test alquanto invasivo tramite il quale si effettua il prelievo di tessuto coriale, una struttura della placenta che una volta inviata in laboratorio per effettuare i dovuti controlli permette di stabilire se sono presenti o meno delle anomalie cromosomiche o genetiche del feto. Una delle contestazioni che potrebbe essere mossa all’uso di questo esame è quello di fare una amniocentesi che permette di rilevare le stesse anomalie del feto; in realtà la villocentesi presenta due vantaggi ulteriori rispetto all’amniocentesi e precisamente:

    • una maggiore attendibilità dei risultati
    • il fatto che può essere effettuata con qualche settimana di anticipo rispetto all’amniocentesi

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, la villocentesi viene di norma effettuata nel periodo compreso tra l’undicesima e la tredicesima settimana di gestazione. In casi particolari il ginecologo, in accordo con la futura mamma, può decidere di anticipare il prelievo dei villi coriali alla decima settimana. Il prelievo del tessuto si esegue di norma per via transaddominale inserendo un ago nell’addome della donna. Contemporaneamente viene fatta un’ecografia per essere certi che non si vada ad operare in una zona dove si trova il feto. Alcuni ginecologi preferiscono effettuare il prelievo dei villi seguendo una via transcervicale, ossia attraverso la cervice uterina.

Patologie

Abbiamo accennato in precedenza al fatto che con l’ausilio di questo esame è possibile riscontrare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche o genetiche.
Nello specifico, la villocentesi permette di studiare il cariotipo fetale, ossia si riescono ad ottenere le informazioni sul numero dei cromosomi e sulla loro struttura; nella maggior parte dei casi l’esame permette di diagnostica la trisomia, ossia un numero dispari di cromosomi che determina la sindrome di Down.
Negli ultimi anni, lo studio dei cromosomi avviene con una modalità differente che permette di studiarli in porzioni più piccole; questa modalità prende il nome di microarray. Permette di determinare nel dettaglio le anomalie cromosomiche anche se presenta alcune criticità, motivo per il quale è opportuno utilizzarla soltanto quando un esame ecografico metta in luce eventuali anomalie.
La villocentesi può essere utilizzata oltre che per determinare le anomalie cromosomiche, anche per riscontrare malattie di tipo genetico come fibrosi cistica, talassemia e emofilia, in modo da verificare se anche il feto possa esserne affetto. L’esame può essere usato anche per stabilire la paternità del feto.

Quando farla

Sono diversi i casi per i quali i medici specialisti consigliano di effettuare la villocentesi. In linea di massima, è preferibile che si sottopongono a villocentesi tutte le donne che con la gravidanza corrono il rischio che il feto possa andare incontro ad anomalie cromosomiche, come ad esempio le donne in età materna avanzata. Questo se un’ecografia abbia evidenziato il rischio di anomalie cromosomiche. Altro caso è quello delle coppie che per la loro familiarità possono avere il rischio di malattie genetiche.

Scritto da Redazione Online
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