Il dibattito sui compiti delle vacanze torna ogni estate. Pro e contro, molte le argomentazioni di entrambi le tesi.
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Compiti per le vacanze. Cosa accade al bambino quando sono troppi? Possono avere effetti negativi? Questa problematica coinvolge tutti, dai genitori agli insegnanti, dalle istituzioni ai pedagogisti che si interrogano sull’utilità dell’assegnazione dei compiti delle vacanze. Scopriamo quali sono i loro effetti sui bambini analizzandone i pro e i contro.
Compiti delle vacanze si o no? Il dibattito sui compiti assegnati al termine dell’anno scolastico si ripresenta ogni estate.
C’è naturalmente chi li ritiene utili e chi no, chi è favorevole alla loro assegnazione e chi è contrario. La problematica riguarda principalmente la loro utilità, ma anche le possibili ripercussioni negative che l’eccesso di consegne durante le vacanze ha sui bambini.
E sono proprio gli effetti negativi che i compiti delle vacanze possono avere che hanno scatenato il dibattito, portando persino a sostenere tesi contrarie da parte di genitori frustrati che hanno scritto libri in merito (The case against homework di Kalish e Sarah Bennett).
Concordi con la necessità di non caricare troppo di compiti estivi i bambini, non mancano sostenitori della tesi contraria alla loro assegnazione e di quella favorevole, vediamole entrambe.
Il periodo estivo di vacanza è piuttosto lungo, si tratta infatti di uno stop di quasi tre mesi. Questo potrebbe non giovare all’apprendimento del bambino o del ragazzo.
Ecco dunque perché vengono assegnati i compiti estivi.
I compiti a casa (durante l’anno e in estate) sono in genere legati all’attività svolga in classe. I loro scopi sono molteplici, in particolare:
Inoltre, se debitamente controllati dall’insegnante al rientro delle vacanze (come il giorno dopo se assegnati durante l’anno) i compiti sono realmente efficaci per verificare eventuali lacune e difficoltà su cui lavorare.
Il controllo dell’insegnante rappresenta poi l’effettivo riconoscimento per l’attività richiesta e svolta a casa.
Il loro funzionamento sta nell’aiutare bambini e ragazzi a consolidare le abilità acquisite durante l’anno scolastico.
In questo modo, l’estate diventa il periodo perfetto per stabilizzare il proprio apprendimento, dando al bambino o al ragazzo il giusto tempo per assimilare concetti prima di procedere con l’apprendimento di nuovi.
Non solo, i compiti delle vacanze favoriscono l’autostima e l’autogestione del tempo. Durante l’estate infatti, bambini e ragazzi possono svolgere i compiti quando vogliono, senza la pressione e lo stress di doverli consegnare il giorno dopo.
Potendo gestire il proprio tempo a piacimento, non troveranno difficile ritagliare una parte di esso per lo svolgimento dei compiti. In questo modo, anche i più piccoli, impareranno la scansione del tempo. Ogni giorno infatti sapranno che quel determinato tempo è destinato ai compiti, il resto al gioco e alle altre attività.
Un’altro punto a favore dei compiti riguarda la loro utilità per chi è rimasto un po’ indietro durante l’anno. Nel periodo estivo, attraverso i compiti, potrà recuperare.
Infine, durante le vacanze i bambini hanno maggiori possibilità di trovarsi e svolgere insieme i loro compiti estivi, sviluppando la cooperazione, l’interazione e la socializzazione.
Chi si posiziona contro i compiti delle vacanze sviluppa le proprie argomentazioni attorno alla non utilità degli stessi e sui riscontri negativi che possono avere su bambini e ragazzi.
Gli scettici infatti considerano i compiti a casa o estivi inutili al fine dell’apprendimento in quanto a casa i bambini si limiterebbero a farli perché obbligati.
Le vacanze, poi, dovrebbero significare riposo, più tempo per stare all’aria aperta e socializzare.
I compiti invece tolgono tempo al gioco o alle altre attività che bambini e ragazzi potrebbero fare nel “tempo libero”. Giocare, fare sport, stare con gli amici sono ugualmente utili alla crescita psico-fisica dei bambini.
I bambini dovrebbero essere solo bambini e invece, a causa del carico spesso eccessivo dei compiti, sono immersi in un “lavoro di routine” che non risulta positivo o costruttivo.
Il sovraccarico di compiti delle vacanze (ma non solo) può minare il rapporto di bambini e ragazzi con i compiti stessi. Alcuni bambini, infatti, sviluppano una vera e propria repulsione per i compiti e dello studio, a discapito della loro serenità (e di quella della famiglia intera).
Quando obbligati a fare “montagne” di compiti per le vacanze, molti bambini e ragazzi sviluppano uno stato di stress e ansia dettato dal carico eccessivo di compiti, oppure dalla pressione avuta dai genitori.
E ancora, la tesi contraria ai compiti estivi (o ai compiti a casa in genere) sottolinea che a volte i compiti possono essere discriminanti. Quando l’insegnante li assegna lo fa in modo univoco, stessi compiti per tutti. Però gli studenti non sono tutti uguali, ognuno ha il proprio livello di apprendimento e le proprie capacità.
Detto questo, mentre alcuni bambini riescono perfettamente a svolgere i compiti, altri trovano difficoltà nel farlo e ciò può minare la loro autostima.
Chi riesce a svolgerli sarà più fiducioso, chi non riesce può esserne sfiduciato, sopratutto quando manca un valido supporto famigliare.
Spesso, infine, ancora oggi i compiti vengono svolti senza il supporto della didattica cooperativa (o il principio del mutuo insegnamento) per cui chi riesce a svolgere i compiti ha fatto bene, chi non ci è riuscito ha semplicemente sbagliato.
Ogni bambino e ragazzo ha un proprio metodo di apprendimento e di ragionamento. Secondo la didattica cooperativa chi è riuscito nello svolgimento dei compiti dovrebbe mostrare il metodo usato ai compagni così che tutti, in un secondo momento, possano applicarlo e riuscire.
Compiti delle vacanze sì o no, il dibattito è sicuramente destinato a continuare. Vero è che non possono essere eliminati solo perché il bambino o il ragazzo se ne lamenta o non vuole farli.
Se assegnati con criterio, se ben ponderati nella quantità e se controllati al rientro usando una didattica cooperativa che stimoli la cooperazione tra bambini e ragazzi i compiti possono essere un valido strumento di apprendimento.
Altrettanto importante tuttavia è la fiducia dei genitori nei confronti degli insegnanti e dei bambini.