Quando si giunge al termine di una gravidanza, la futura mamma è molto attenta ad ogni piccolo cambiamento che avviene nel suo corpo. Ma come riconoscere l'avvio del vero e proprio travaglio?
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Le contrazioni sono contrazioni involontarie dei muscoli dell’utero. Questi movimenti rappresentano l’attività dell’utero che, durante il momento del parto, permette la nascita del bambino. Tali movimenti partono dal fondo dell’utero e arrivano fino in basso, verso il pube. In realtà, le contrazioni non vengono avvertite solo nel momento finale della gravidanza. Già a partire dal quarto mese, infatti, le future mamme possono sentire degli irrigidimenti nella parte più bassa della pancia; queste sono contrazioni irregolari dette di “Braxton Hicks” e sono movimenti preparatori che non vanno assolutamente confusi con le contrazioni vere e proprie, che sono invece segnale dell’imminente nascita del bambino. Spesso sono solo dei leggeri fastidi e alcune donne non li avvertono nemmeno. È però bene che tali contrazioni non siano superiori a un certo numero durante il giorno; in caso contrario, è necessario rivolgersi alla ginecologa che si preoccuperà di fare tutti gli accertamenti del caso. Quando invece si giunge al termine della gravidanza, l’utero inizia a contrarsi in modo regolare e in maniera sempre più ravvicinata e dolorosa. Ecco che il travaglio può allora dirsi iniziato.
Le caratteristiche principali che contraddistinguono le contrazioni nelle due fasi del parto, ovvero nel pre-travaglio e nel travaglio, possono essere così sintetizzate.
Frequenza (numero di contrazioni): irregolare e che non aumenta
Lunghezza (quanto dura una contrazione): irregolare
Intensità (dolore che provoca una contrazione): simile a dolori mestruali
Localizzazione (dove sono avvertite): nel basso addome
Frequenza: regolare e che aumenta col passare del tempo
Lunghezza: da 40 a 60 secondi
Intensità: sempre più intensa, quando parte con intensità debole, raggiunge poi il picco di dolore e decresce fino a sparire
Localizzazione: dalla zona superiore dell’addome e si propaga al basso ventre
Le doglie vere e proprie hanno delle caratteristiche che le rendono abbastanza riconoscibili. Innanzi tutto, hanno un andamento ritmico, si susseguono in maniera regolare, all’inizio con intervalli più distanziati, di circa 30 minuti l’una dall’altra, e poi via via diventano sempre più ravvicinate. In secondo luogo, una volta che le doglie hanno avuto inizio, non si interrompono più e il dolore che provocano tali stiramenti è via via sempre più crescente, fino a raggiungere dei picchi e per poi scomparire tra una contrazione e l’altra.
Vengono normalmente individuate 4 fasi del travaglio: fase prodromica (il periodo di preparazione), fase dilatante, fase espulsiva e di secondamento. Nella fase preparatoria, che può durare anche alcuni giorni, il corpo della donna inizia a cambiare velocemente per permettere la nascita del piccolo. Oltre alle prime, regolari contrazioni, ci possono essere altri segnali che ci indicano tale fase, per esempio la perdita del tappo mucoso che proteggeva il collo dell’utero. In questa fase, è molto comune che la donna avverta dei dolori alla schiena, al basso ventre o ai reni, come se avesse le mestruazioni. Nella fase dilatante le contrazioni sono più ravvicinate (circa ogni cinque minuti) e iniziano ad essere dolorose. Anche questa fase non ha una tempistica precisa, in genere nelle primipare è più lunga rispetto alle mamme che hanno già partorito, ma non dovrebbe superare le 18 ore. Quando la dilatazione del collo dell’utero è arrivata ai 10 cm, si entra nella fase espulsiva: la donna sente un impellente bisogno di spingere, ma prima di farlo è bene che segua sempre le indicazioni dell’ostetrica. Il bambino sta scendendo nel canale del parto e compie delle rotazioni per cercare di liberare le spalle e finalmente uscire. In alcuni casi, può essere necessario i diretto intervento dei medici o dell’ostetrica per aiutare il bambino a trovare la giusta posizione per poter uscire. Dopo che il bambino è nato, a distanza di circa mezz’ora, la donna avverte altre contrazioni, decisamente meno dolorose, che sono necessarie per espellere la placenta (fase del secondamento).
Dare un’indicazione sui tempi certi per la durata del travaglio non è possibile. Ogni donna e soprattutto ogni bambino ha infatti i suoi tempi, ed è quasi impossibile stabilire in quanto tempo, dall’inizio del travaglio, la donna potrà finalmente sentire la voce del suo piccolo e abbracciarlo. Il tempo del travaglio è infatti condizionato da diversi fattori. Innanzi tutto, la durata varia ampiamente se la mamma è al primo bambino oppure se è al secondo o terzo parto. In generale, si parla solitamente di una media tra le 6 e le 12 ore. Tuttavia, ci sono mamme che hanno vissuto travagli molto più lunghi, così come altre che hanno dato alla luce il loro piccolo in tempi di record.