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Esame semplice e non invasivo, il tracciato è molto utile alla fine della gravidanza ed all’inizio del travaglio: ha lo scopo di monitorare l’eventuale presenza e la frequenza di contrazioni dell’utero, anche minime, e di controllare il battito cardiaco del feto (cardiotocografia). Il tracciato si effettua nelle ultime settimana di gravidanza e viene ripetuto a seconda delle indicazioni del medico.
A volte dopo una settimana, a volte ogni giorno, a seconda dell’esito elaborato dall’apparecchiatura definita cardiotocografo. Il tracciato è fondamentale per garantire un controllo dell’evoluzione della gravidanza: un’eventuale alterazione di uno dei monitoraggi allerta il ginecologo per fargli mettere in atto tutte le misure finalizzate alla nascita di un bambino sano.
Cos’è tracciato della gravidanza
Il tracciato (o monitoraggio cardiotocografico, CTG) individua due fattori: la frequenza cardiaca fetale (cardio) e la contrattilità uterina (toco). Viene utilizzato uno strumento, il cardiotocografo, che si avvale di ultrasuoni per il rilevamento del battito cardiaco fetale ed un sistema di variazione di pressione per il rilevamento delle contrazioni uterine. È una specie di “scatola” a cui sono collegati due piccole sonde (i rivelatori o trasduttori) e due fasce elastiche (per fissare i rivelatori al ventre scoperto della donna).
La cardiotocografia fetale in condizioni normali viene definita “non stress test” (NST); sotto stimolo di ossitocina, invece, viene definita “stress test” e va effettuata in ambiente ospedaliero. Il rilevatore annota le variazioni delle pulsazioni e le trasmette all’apparecchio, che le riporta su una striscia di carta, da cui si ricava il “tracciato” del battito (simile a quello dell’elettrocardiogramma). Le pulsazioni possono essere contemporaneamente ascoltate anche dalla mamma tramite un amplificatore interno, che consente di sentire in diretta il battito del bimbo.
Il misuratore meccanico delle contrazioni uterine viene posizionato sul fondo dell’utero: quando questo si contrae, esercita una pressione sul rilevatore, che la invia all’apparecchio e ne riporta l’esito sulla striscia di carta. Dal tracciato si evincono le pulsazioni del cuore (il loro numero al minuto) e la loro variazione durante la presenza di contrazioni dell’utero. L’esame non comporta rischi né per la mamma né per il feto, anzi, permette di monitorare e tenere sempre sotto controllo il benessere del bimbo nel pancione.
Quando fare il primo
Di consueto viene eseguito in prossimità del parto, a partire dalla trentasettesima settimana in poi, ma soprattutto durante il travaglio per capire se il feto è in grado si sopportare o no lo sforzo di un parto normale. La contrazione dell’utero, infatti, crea una pressione sulla testa del feto, che induce una riduzione della frequenza delle pulsazioni del cuore che, nella norma, riprende a battere regolarmente nel giro di 30 secondi circa.
Nel caso in cu il tempo per ritornare alla normalità aumenta troppo, può insorgere un problema di sofferenza fetale: in tal caso il tracciato consente ai sanitari di intervenire subito. Se il parto è fisiologico basta eseguire all’incirca un monitoraggio intermittente ad intervalli regolari durante tutto il travaglio: dieci minuti di tracciato ogni mezz’ora/un’ora.
Se, invece, nei controlli precedenti è stata già rilevata una sofferenza fetale, la mamma ha subito un’analgesia per ridurre i dolori del parto o si effettua un parto indotto (le contrazioni vengono stimolate tramite farmaci), è necessario un monitoraggio continuo e costante durante tutto il travaglio ed il tracciato deve essere effettuato ad intervalli molto ravvicinati. Anche nel caso la gravidanza si protrae oltre il termine della quarantesima settimana, il tracciato va fatto regolarmente (magari a giorni alterni) in modo da accertare che il piccolo sia nutrito correttamente dalla placenta e continui a crescere bene.
Lettura del tracciato
Nei primi venti minuti si registrano alcuni elementi fondamentali: la linea di base, ossia la linea di frequenza cardiaca basale media, che deve oscillare tra 120 e 160 battiti/minuto ; la variabilità, ossia la differenza fra la frequenza massima e minima che deve essere normalmente intorno a 10/15 battiti/minuto; la presenza di accelerazioni, ossia un aumento della frequenza cardiaca media (le accelerazioni devono essere presenti, superare i 5 battiti/minuto rispetto alla linea di base e durare piu’ di 15 secondi); la presenza di decelerazioni, ossia una netta riduzione della frequenza cardiaca (devono essere assenti in un tracciato normale); i movimenti attivi fetali (MAF), ossia la presenza dei movimenti percepiti dalla gestante.
In base all’analisi di questi fattori si identificano 4 tipi di tracciato CTG: A ossia tracciato poco variabile, senza accelerazioni, può esprimere una condizione patologica; B ossia tracciato variabile con accelerazioni e movimenti fetali; C ossia tracciato variabile senza movimenti fetali; D ossia tracciato molto variabile di difficile interpretazione.
Costo tracciato
Si effettua presso le cliniche o nei reparti ospedalieri di ginecologia ed ostetricia ed è consigliabile prenotarlo presso la struttura scelta per partorire. Infatti, costituisce una buona occasione per conoscere il personale, le ostetriche, le infermiere ed i ginecologi che si prenderanno cura della partoriente. I prezzi per il tracciato spesso sono a discrezione dell’azienda sanitaria dove si effettua e possono variare dalle quindici alle quaranta euro. Il monitoraggio in gravidanza rientra negli esami obbligatori richiesti e pertanto si può chiedere l’esenzione o pagare un ticket minimo.