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Il tracciato in gravidanza, il cui termine tecnico è cardiotocografia (CTG in breve), è un esame molto meno noto rispetto all’ecografia, ma ha la sua stessa funzione: esso permette di monitorare lo stato di salute del feto, rilevando le variazioni della frequenza cardiaca nel tempo. L’esame ha una durata compresa tra i 15 e i 20 minuti.
Le future mamme non devono avere assolutamente timori: l’esame non è per nulla invasivo, in quanto si svolge per mezzo di uno strumento costituito da due sonde. Esso deve essere svolto obbligatoriamente da tutte le mamme, soprattutto verso il termine della gravidanza. Scopriamo insieme come funziona il tracciato in gravidanza e quali sono i principali consigli relativi a questo esame.
Come funziona il tracciato in gravidanza
Il tracciato in gravidanza è un esame che si svolge per mezzo del cardiotocografo, uno strumento dotato di due sonde che vengono poste sull’addome della gestante per compiere le rilevazioni. La prima sonda è a ultrasuoni e serve a rilevare il battito cardiaco fetale, quello che si sente anche durante l’ecografia, un altro esame medico realizzato per mezzo di ultrasuoni. Il punto ideale dove applicare la sonda deve essere trovato in funzione della posizione del bambino. L’apparecchio traduce le variazioni del battito del feto in un grafico.
L’altra sonda ha invece la funzione di misurare intensità e frequenza delle contrazioni uterine. Essa viene applicata in corrispondenza del fondo dell’utero ed è fissata per mezzo di una fascia aderente al pancione. La sonda permette di registrare i cambiamenti di pressione della parete addominale dovute alle contrazioni uterine. Anche questi dati rientrano nel grafico stampato dalla macchina e forniscono in questo modo una visione di insieme sulla salute del feto. In caso di gravidanza gemellare, vengono poste sull’addome materno tre sonde al posto di due.
Per capire se il feto sta bene non bisogna controllare la misurazione istantanea del suo battito, ma osservare lo svolgersi nel tempo delle variazioni della frequenza cardiaca, come abbiamo già detto. Per un nascituro avere un battito costante non è sintomo di buona salute: se il bambino sta bene, il suo battito varia nel corso dei minuti in cui viene monitorato. Bisogna poi studiare le reazioni del battito alle contrazioni uterine: le alterazioni causate dalle contrazioni sono un fenomeno fisiologico e naturale fino a un certo punto. In particolare, se vengono registrate brusche decelerazioni, significa che il feto è stressato.
A che cosa serve tracciato
Gli obiettivi principali di questo tracciato sono essenzialmente questi due:
- indagare lo stato di salute del feto attraverso lo studio del suo battito cardiaco;
- rilevare la presenza o l’assenza delle contrazioni uterine e la loro frequenza.
Il risultato è ritenuto positivo quando la linea della frequenza cardiaca del feto oscilla tra i 120 e i 160 al minuto: in caso la cifra sia inferiore si parla di bradicardia, mentre se il numero di battiti è superiori vuol dire che il nascituro soffre di tachicardia. Altri fattori che vengono monitorati da questo esame sono la variabilità, cioè la variazione tra la frequenza massima e minima del battito cardiaco, e i movimenti fetali attivi, che possono essere attivamente percepiti dalla futura mamma.
Quanti tracciati fare
Di norma, il tracciato si effettua nelle ultime settimane di gestazione, quando ormai la mamma ha tagliato il traguardo delle quaranta settimane di gravidanza; in alcuni casi, questo esame è effettuato già alla 38ma settimana. In alcuni casi, può essere utile fare la cardiotocografia già quando la futura mamma è arrivata a 27-28 settimane di gravidanza, in particolare nei casi in cui sia necessario tenere sotto osservazione il benessere fetale o le contrazioni della gestante, se si ritiene che la futura mamma rischi di partorire prima del termine.
Non c’è dunque una regola fissa sul numero di tracciati che devono essere fatti. Può essere però necessario effettuare la cardiotocografia anche in casi in cui siano presenti patologie tipicamente legate alla gravidanza, quali l’ipertensione materna, il ritardo di crescita del feto o la rottura anticipata delle membrane.
Il tracciato a termine
Il tracciato cardiotocografico viene usato non solo in caso di parto cesareo, ma anche prima del parto naturale: questo esame viene svolto durante la fase del travaglio per valutare il benessere fetale. In generale, l’esame fornisce all’ostetrico o al ginecologo gli strumenti necessari per valutare se sia meglio accelerare i tempi del travaglio o addirittura, se il tracciato è per qualche ragione non rassicurante o patologico, decidere di procedere con un taglio cesareo urgente.
Nel caso di un monitoraggio in fase di travaglio, la durata dell’esame è variabile, in quanto esso è ripetuto a seconda delle condizioni cliniche della paziente. In alcuni casi questo può essere svolto per venti minuti ogni ora. Se l’esame emergono possibili rischi per la futura mamma e il bambino, il ginecologo valuta la possibilità di effettuare la cardiotocografia anche a intervalli più ravvicinati o di passare direttamente al monitoraggio continuo. Insomma, la durata e la frequenza del tracciato durante il travaglio variano a seconda delle condizioni della paziente e del feto.