Un risultato positivo nel test di Coombs può portare a pericoli per la futura mamma e per il feto, mentre un risultato negativo è una buona notizia.
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Eseguire il test di Coombs può risultare essere un’ottima occasione di prevenzione, in vista di possibili eventi spiacevoli nel periodo di gravidanza, in quanto questa tipologia di test è in grado di prevenire alcuni fattori di incompatibilità sanguigna tra mamma e feto e di conseguenza offre la possibilità di intervenire per portare al termine con successo la gravidanza.
Il test di Coombs è un test di laboratorio che permette di rilevare la presenza di anticorpi fissati alla superficie dei globuli rossi, quando è eseguito in modo diretto, oppure di anticorpi liberi nel siero quando è indiretto. E’ utile eseguire il test di Coombs indiretto in caso di una trasfusione o di una gravidanza, vale a dire procedure che prevedono lo scambio di sangue tra due pazienti. Il test può essere eseguito da qualsiasi futura mamma, che in questo modo può essere ulteriormente certa della salute sua e del bambino.
Risulta consigliabile effettuare il test di Coombs nel periodo iniziale della gravidanza, possibilmente intorno alla sedicesima settimana, per poter valutare con anticipo ed efficacia se l’organismo materno stia effettivamente producendo determinati tipi di anticorpi, detti anticorpi anti-D. Questi pericolosi anticorpi vengono creati appositamente per eliminare i globuli rossi del feto, con il rischio effettivo di procurare una conseguente anemia, chiamata “malattia emolitica del feto”.
Questa eventualità non deve essere sottovalutata per nessuna ragione al mondo: nei casi più tragici e spiacevoli può portare addirittura alla morte intrauterina del feto, un evento che ha conseguenze drammatiche anche sulla saluta psichica e fisica della mamma. Questa possibilità si verifica nel caso in cui il feto erediti dal padre un gruppo sanguigno diverso da quello della mamma rispetto al fattore Rh, che in questo caso è determinante.
Il test di Coombs concretamente consiste in un’analisi di laboratorio mirata e diretta che determina il gruppo sanguigno della futura mamma, che può essere A, B, AB oppure 0, e la possibile traccia di fattore Rh. Il risultato del test è positivo nel caso in cui si riscontri questo fattore Rh, negativo nell’eventualità in cui invece questo non fosse presente.
Il risultato, che può essere positivo o negativo, è determinato dal fenomeno per cui i globuli rossi, pure essendo presenti nel sangue in quantità molto alte, non entrano mai in contatto tra loro perché sulla loro membrana sono presenti cariche elettriche negative: c’è quindi una continua repulsione tra loro. Per far sì che dei globuli rossi agglutinino pericolosamente è necessario che tra un globulo rosso e gli altri si creino dei ponti che possano vincere la forza di repulsione delle cariche negative: questi ponti sono degli anticorpi, il fattore Rh per l’appunto.
Questa importante tipologia di esame, generalmente e per buone ragioni, viene prescritta per la prima volta entro la sedicesima settimana di gravidanza; le future mamme che hanno ottenuto un risultato positivo solitamente ripetono ulteriormente il test nel corso dell’ultimo trimestre, per controllare che questi pericolosi anticorpi non si siano sviluppati, mentre le future madri che hanno ottenuto un risultato negativo la prima volta dovranno sottoporsi al test ogni mese.
Nel caso in cui il test di Coombs risulti a tutti gli effetti negativo, significa che nell’organismo materno non sono presenti attualmente degli anticorpi che rischiano di agglutinare i globuli rossi del feto. In questo caso non c’è quindi non c’è alcun pericolo nè per il feto, nè per la gestante.
Il problema avrebbe luogo nel momento in cui il test di Coombs dia un risultato positivo, poiché significherebbe che nel sangue della madre sono stati individuati gli anticorpi anti-RH che potrebbero attaccare appunto il feto. Nel caso in cui il test appunto risulti negativo e siano presenti sintomi ambigui, è opportuno effettuare ulteriori esami specifici per accertarsi che non siano presenti altre eventuali problematiche, che potrebbero portare, nelle conseguenze più gravi, alla morte del feto dentro l’utero.
Se il risultato del test dovesse risultare appunto negativo andrebbe a significare che gli anticorpi non stanno andando ad influire negativamente nei confronti della nuova vita presente all’interno del corpo della mamma. Questo permette quindi di escludere l’eventualità dell’attacco diretto degli anticorpi materni nei confronti del figlio.
In ogni caso nel momento in cui dovesse esserci il possibile sospetto o la presenza di sintomi che possano portare a pensare a problemi di incompatibilità tra mamma e feto, è buona cosa rimanere costantemente monitorate e non sottovalutare per nessun motivo al mondo questa tipologia di problema.