Andiamo alla scoperta del rooming in, che ormai viene accettato di buon grado un po' ovunque per i suoi effetti positivi.
Argomenti trattati
Si sente sempre più spesso parlare di rooming in: ma di che cosa si tratta esattamente e come funziona? Vediamo di fare chiarezza in questo articolo.
Con il termine rooming in si intende, in pratica, la possibilità di tenere il neonato in camera di ospedale con la mamma, per ventiquattro ore su ventiquattro, fin dalle prime ore del parto. Non è una novità: è da almeno una decina di anni che le nursery sono state praticamente dismesse. In questi luoghi, un tempo, i neonati soggiornavano giorno e notte lontani dalla loro mamma e venivano così accuditi dal personale dell’ospedale.
Dopo la nascita, mamma e neonato hanno la possibilità di stare a contatto per 24 ore al giorno su 24. E’ questo, in sostanza, il rooming in. Cerchiamo di capire come funziona al meglio. Il rooming inizia già in sala parto: il piccolino viene, come di consueto, messo sul seno della mamma, affinché possa subito riconoscerla: qui si sentirà rassicurato.
Successivamente, avviene il consueto taglio del cordone ombelicale. Il piccolino viene portato via per qualche istante per le visite. Gli viene fatto il bagnetto, gli viene messo il pannolino e viene poi portato dalla mamma. Quando la mamma tornerà in stanza, avrà modo di stare sempre con il piccolino: qui potrà subito iniziare ad occuparsi del piccolo, lo attaccherà al seno e inizierà a cambiarlo e a vestirlo. Si tratta di un metodo per far stare fin da subito insieme la mamma e il piccolino.
E’ nelle prime ore dopo il parto che, infatti, si instaura il primo legame tra madre e figlio. Ciò accade per gli esseri umani, ma anche per gli animali, come sappiamo bene. Nel caso in cui non vi sia contatto tra mamma e figlio dall’inizio, vi possono essere ricadute negative e conseguenze, chiamate con il gergo tecnico con il nome di bonding. Ciò può comportare una problematica relativa alla relazione di attaccamento fin dall’inizio.
Il rooming in aiuta l’allattamento al seno: gli si da, così, la possibilità di attaccarsi ogni volta che si vuole e non solo per qualche ora al giorno. In tal modo, il bambino apprenderà più rapidamente l’attacco al seno e la mamma avrà una velocizzazione nella produzione del latte. I genitori, inoltre, avranno così modo di accudirsi del piccolino senza esterni, mentre prima dovevano condividere il tutto con il infermiere della nursery.
I detrattori del rooming in affermano che, in realtà, tale novità sarebbe stata introdotta per risparmiare il personale nei reparti di maternità o per far stancare le madri provate dal parto: niente di più sbagliato. Gli equilibri tra mamma e figlio appena nato sono delicatissimi. Stare insieme molte ore del giorno e della notte non può che fare bene al legame tra i due. Questo è tutto ciò che dobbiamo sapere circa la pratica del rooming in. Ormai viene accettata di buon grado in quasi tutti gli ospedali o cliniche: è un qualcosa che avvantaggia di moltissimo i genitori e la madre e che, ovviamente, fa anche bene al piccolino, che ha la possibilità di stare con la propria mamma in camera fin dai primi istanti della nascita.