Perché in Italia non si fanno più figli?

Il sogno di diventare genitori è diventato, per molte persone in Italia, un desiderio irrealizzabile e l'ultima chance è la fecondazione



L’infertilità è un fenomeno crescente nel nostro paese, che ad oggi riguarda il 15% delle coppie italiane. Si tratta di un tema caldo e spinoso che vogliamo affrontare con il supporto di un’approfondita infografica realizzata da Alma Res, importante centro di fecondazione di Roma.

L’infertilità in Italia

Nel 2017 in Italia sono nati 464.000 bambini, un numero che rappresenta il minimo storico delle nascite nel nostro paese.

La media è leggermente più bassa rispetto a quella europea, che resta comunque lontana dai numeri necessari per mantenere costante la popolazione: i bambini nati in Italia sono 1.34 per donna, in Europa 1.60, mentre la cifra ideale dovrebbe essere 2.1. Nella nostra penisola questo dato è in larga misura il risultato di una dilagante impossibilità biologica ad avere figli.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quando si parla di infertilità si intende l’assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti, ed è considerata una patologia che può dipendere da fattori genetici e ambientali (anche se nel 16.2% dei casi l’infertilità è idiopatica, il che significa che non se ne conoscono le cause).

La casistica maschile e quella femminile presentano delle differenze significative: sono infatti le donne a riportare il più alto numero di casi di infertilità (39.2%) mentre negli uomini si riscontra “solo” nel 25.8%.

Le differenze non si limitano solo ai numeri, ma anche alle cause: prettamente biologiche nelle donne, ambientali – nel 60% dei casi dipende dall’inquinamento – negli uomini.

Anche l’età è un fattore determinante: cresce il numero delle donne che decidono di avere figli in età più avanzata, in media quasi a 32 anni, portandoci alla vetta europea dell’età media più alta.

Una soluzione: la procreazione medicalmente assistita

Oggi affrontare il problema delle nascite è possibile grazie alle tecniche di PMA: la FIVET, tra le più comuni, consiste nella fecondazione di spermatozoi preventivamente trattati, all’interno di particolati piastre da laboratorio; la ICSI, che prevede la microiniezione di uno spermatozoo selezionato e preventivamente trattato all’interno del citoplasma ovocita.

Entrambe le tecniche possono essere realizzate in modalità eterologa od omologa: nel primo caso i gameti vengono donati da una terza persona mentre nel secondo appartengono alla coppia che richiede la PMA.

Sono moltissime, ad oggi, le coppie che hanno fatto ricorso a questa soluzione: oltre 60 mila in un anno – tra la procedura omologa e quella eterologa – e si tratta di donne dai 35 ai 40 anni di età.

Le probabilità di successo sono leggermente più alte nel caso della fecondazione eterologa con una percentuale del 45.5% nelle donne con meno di 34 anni (a fronte del 35.8% della fecondazione omologa nelle donne della stessa fascia d’età).

Pubblico o privato?

Non ci riferiamo all’efficacia dei trattamenti, ma alle tempistiche di attuazione della PMA che variano notevolmente tra strutture pubbliche e private: se nel primo caso potrebbe volerci più di un anno, nel secondo l’attesa si riduce a meno di tre mesi.

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