Quando i nostri bambini cominciano ad avere più consapevolezza del loro corpo e una maggiore conoscenza del linguaggio potrebbero manifestare atteggiamento aggressivi.Ecco cosa fare e cosa non fare
Durante la prima e la seconda infanzia, cioè fino ai cinque anni di età, è piuttosto comune per i bambini essere aggressivi. Dal punto di vista psicologico, si definisce aggressività “quella serie di comportamenti volti ad arrecare un danno, fisico o psicologico, ad altri individui, indipendentemente dal raggiungimento o meno dell’obiettivo”.
Si parla di aggressività fisiologica nel bambino quando essa viene usata per difendere il proprio corpo, la propria vita, i propri diritti e i propri bisogni.
L’aggressività si esprime dapprima a livello motorio, quindi con calci, pugni e schiaffi e, solo quando il bambino avrà raggiunto una certa maturità linguistica, attraverso il canale verbale.
Dal punto di vista biologico, i maschi sono più soggetti delle femmine all’influenza del testosterone, un ormone che agisce su determinate strutture cerebrali, modificando il comportamento e l’umore del bambino. Oltre a ciò, è anche soggetto all’influenza di modelli socioculturali negativi, i quali propongono un’idea stereotipata di virilità.
D’altro canto, le femmine sono più propense alla collaborazione, anche se, in alcuni casi è stato riscontrato l’uso dell’aggressività da parte delle bambine.
I modi in cui un bambino esprime la propria aggressività sono molteplici:
-Aggressività come possesso: in questo caso il bambino si esprime tramite l’esercizio del potere e del controllo sugli altri affinché possa possedere in modo esclusivo un ruolo, un oggetto;
-Aggressività come gelosia: il bambino si sente insicuro dell’amore che riceve e percepisce gli altri come un ostacolo alla relazione con una persona a cui sono particolarmente legati, come un genitore o un insegnante;
-Aggressività come difesa dei propri diritti, difesa personale e delle persone care: il bambino sente l’esigenza di difendersi da coloro chi non tiene dei suoi bisogni o da chi gli sottrae qualcosa di importante. Nei casi in cui i rapporti con i coetanei sono prevalentemente caratterizzati da comportamenti di prepotenza e prevaricazione, il bambino tenderà a reagire con i medesimi atteggiamenti per difendersi oppure diventerà violento quando cercherà di difendere le persone a cui vuole bene, come genitori, la sorella, il fratello, gli amici, dagli insulti e prese in giro degli altri bambini.
-Aggressività per sfogare una sofferenza interiore: ciò accade quando il bambino percepisce di non ricevere abbastanza gratificazioni o quando si trova in un ambiente familiare conflittuale ed ostile. Dunque, il bambino tenta, attraverso l’uso della violenza sui coetanei, di placare momentaneamente le proprie afflizioni.
-Aggressività come bisogno di affermazione: tutti i bambini attraversano una fase in cui si inizia ad emergere la personalità attraverso la scoperta degli altri, degli oggetti, dell’ambiente che gli circonda e mediante il fare delle esperienze diverse e molteplici. Se i genitori o gli educatori ostacolano questo bisogno, il bambino si sentirà frustrato e bloccato nella sua creatività e nella sua libertà di conoscenza, perciò ricorrerà ad atteggiamenti aggressivi per affermare la propria individualità e i propri bisogni.
È importante per i genitori insegnare al bambino le modalità migliori per esprimere se stesso, contemporaneamente è necessario instaurare un rapporto basato sul dialogo per permettere al bambino di comunicare i propri sentimenti e di trasmettergli dei valori positivi affinché sia in grado di ristabilire delle relazioni positive.
L’aggressività si risolve in seguito alla maturazione affettivo-relazionale del bambino. Potrebbe diventare patologica quando il bambino persiste nell’uso di comportamenti violenti, anche quando dovrebbe essere in grado di comprendere e controllare le emozioni negative. In questo caso, è consigliabile consultare il pediatra o uno psicologo dell’età dello sviluppo.