Che differenza c'è tra patria potestà e potestà genitoriale? Chi esercita la potestà genitoriale? Leggi la guida.
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In questi ultimi tempi si parla molto di patria potestà, che fa parte di un concetto giuridico ben preciso che si chiama potestà genitoriale. In tempi ormai andati la potestà genitoriale era esclusiva del solo padre di famiglia, oggi fortunatamente appartiene ad entrambi i genitori, articolo 316 del Codice Civile.
La potestà genitoriale consiste nel “diritto e nel dovere di proteggere i figli minorenni e di educarli ed istruirli, nonché curare i loro interessi”. Essa si riferisce a tutti i figli minori, siano essi naturali, illegittimi, affidati o adottati. Tale dovere e diritto, si basa sulla concezione che il figlio minorenne, secondo la legge, non è ancora in grado di agire da solo e quindi i genitori agiscono come suoi rappresentanti, in molti ambiti, incluso quello legale.
Può succedere che i genitori siano deceduti o che la potestà genitoriale sia decaduta, in questo caso si fa riferimento all’articolo 330 del codice civile, il quale prevede che la potestà genitoriale passi ad un tutore, appositamente nominato dagli organi di legge, istituiti a tale scopo. Il tutore avrà il dovere ed il diritto di curare il minore e l’amministrazione dei suoi eventuali beni. Ma scopriamo insieme nel dettaglio la definizione giuridica di patria potestà.
La “patria potestà è l’obbligo per i genitori di mantenere, istruire ed educare la prole nel pieno rispetto della loro personalità. I genitori rappresentano i figli minorenni in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Se entrambi i genitori sono morti o non possono esercitare la potestà sui figli, si apre la tutela, ovvero si nomina un tutore, che ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili, provvede alla sua educazione e ne investe i capitali. Il tutore però non può compiere atti di amministrazione straordinaria senza il consenso del giudice.”
Dal 2013, con l’entrata in vigore del d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, che introduce con l’articolo 316 del codice civile, con la nozione di responsabilità genitoriale, è stato superato il principio di potestà genitoriale. La responsabilità genitoriale introduce un concetto nuovo, secondo il quale al centro di tale tutela ci sarà il minore, un soggetto “titolare di diritti alla cura, al mantenimento, all’istruzione e all’educazione”. Una visione totalmente diversa e per certi aspetti moderna, rispetto al minore, soggetto ad un potere-dovere del genitore. Con l’introduzione della responsabilità genitoriale, il legislatore ha voluto mettere il figlio minorenne sullo stesso piano dei genitori, introducendo l’idea comunitaria della famiglia e dando maggiore importanza alla personalità del minore da tutelate.
La potestà genitoriale, ex patria potestà, introdotta nel 1975 con la riforma del codice civile, è esercitata da entrambi i genitori del minore. L’articolo 317 bis del codice civile stabilisce che “la potestà è esercitata congiuntamente se i genitori convivono; se non convivono la potestà spetta al genitore con il quale il figlio vive.” Tuttavia questa seconda ipotesi è stata di fatto abrogata con la legge n.54/2006 che ha introdotto nell’ordinamento italiano l’affido condiviso dei figli minori.
Se i genitori smettono di convivere, non si verifica più la cessazione dell’esercizio di potestà, poiché il codice civile stabilisce appunto, che questa è esercitata da entrambi, fermo restando la possibilità per il giudice di “attribuire a ciascun genitore il potere di assumere singole decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione”. Quindi nel caso di genitori non sposati, indipendentemente da dove abbia la residenza il minore, la potestà è esercitata congiuntamente da entrambi.
La potestà genitoriale può decadere. Tale situazione si verifica nel caso in cui, la condotta del genitore abbia, causato “un grave pregiudizio al figlio e che tale tipo di provvedimento sia effettivamente corrispondente all’interesse del figlio”. Tale decadenza è sancita dell’art. 330 del codice civile la quale sancisce che “la decadenza dalla potestà genitoriale può essere dichiarata dal Giudice qualora un genitore violi o trascuri i doveri nei confronti dei figli minori, oppure quando non siano rispettati i precetti normativi previsti dagli artt. 147 c.c. (diritto dei figli al mantenimento, istruzione, educazione); 570 c.p. (sottrazione del genitore all’obbligo di assistenza e mantenimento); 591 c.p. (abbandono).”
Grazie alle modifiche della legge ed alla giurisdizione più recente, la potestà genitoriale non è più vista come un rapporto di padronanza del genitore nei confronti del figlio, ma come un obbligo a rispettare il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità. Se con la sua condotta il genitore viene meno al rispetto di tale diritto, la legge prevede la perdita della potestà genitoriale. Al Giudice spetterà poi il compito di verificare la possibilità di un eventuale recupero.
A conclusione di questa guida alla potestà genitoriale, ex patria potestà, è doveroso ricordare come non solo i genitori abbiano degli obblighi nei confronti dei propri figli, ma anche nel caso contrario. Il figlio minore, ha si il diritto al mantenimento da parte dei genitori, ma ha anche il dovere morale di rispettare i genitori, nel pieno rispetto di quelle che sono le regole civili di base, per una normale convivenza in famiglia.