Lo svezzamento è il primo momento di distacco tra mamma e neonato e dunque occorre fare in modo che non sia traumatico per nessuno. Ecco cosa fare
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Il piccolo sta per compiere quattro mesi, e per molte mamme è ora di riprendere l’attività lavorativa. E’ dunque giunto il momento di iniziare a rendere il piccolo indipendente, per lo meno nella nutrizione. Posto che è sempre bene prolungare l’allattamento il più possibile, per un neonato al 4 mese di vita è possibile iniziare a impostare un programma di svezzamento. Per alcuni bimbi sarà la cosa più semplice e naturale e saranno ben lieti di sperimentare nuovi sapori e nuove consistenze. Per altri, invece, lo svezzamento sarà un piccolo momento di difficoltà, da superare con l’aiuto della mamma. Ecco che cosa fare per mettere in atto uno svezzamento facile e soddisfacente per mamma e bambino.
Definire, per lo meno in teoria, lo svezzamento, è piuttosto semplice: si tratta infatti, del graduale, progressivo passaggio da un’alimentazione di solo latte – materno o artificiale, non ha nessuna importanza – ad una a base di cibi solidi. In pratica, quindi, per le mamme che fino a questo momento hanno allattato, si tratta di iniziare un graduale distacco con il proprio neonato. Va sottolineato il termine graduale: iniziare lo svezzamento di un neonato , non significa eliminare il latte (anche materno) dalla dieta del proprio neonato, anzi. Soprattutto nei primi mesi, il latte sarà ancora alla base dell’alimentazione del bambino. Lo svezzamento ha tipicamente inizio tra il quarto e il sesto mese di vita del neonato e si conclude intorno all’anno di età, fatta eccezione per alcuni alimenti che dovranno essere introdotti più tardi, dopo che avrà compiuto almeno 2 anni.
Se nei primi, primissimi mesi di vita del piccolo, è vero che il latte è in grado di garantire il giusto sostentamento per il bimbo, e dunque il normale accrescimento, con il trascorrere delle settimane si renderà necessario integrare la dieta con altri alimenti: è giunto il fatidico momento dello svezzamento. Non esiste un momento specifico: sebbene i pediatri e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, consiglino di introdurre nuovi alimenti a partire dai sei mesi di età, per alcuni bimbi questo momento può essere anticipato. E’ il caso di quei piccoli che iniziano a rifiutare l’allattamento al seno, perché evidentemente non lo ritengono più sufficiente; oppure è il caso di quelle che mamme che, per necessità contrattuali, debbano rientrare a lavorare al compimento del quarto mese del neonato: l’allattamento esclusivo, in questi casi, è di fatto compromesso. In ogni caso, il latte materno (o non) dovrà comunque continuare a dare un sostanziale apporto all’alimentazione ancora per un po’ di tempo. Un altro fondamentale aspetto da ricordare: lo svezzamento, i suoi tempi e i suoi modi, vanno sempre concordati e discussi con il proprio pediatra di fiducia.
Se è vero che i tempi non vanno generalizzati, è altrettanto vero che anche le modalità con cui si dà principio allo svezzamento devono essere personalizzate a seconda dei gusti del bimbo, dalle esigenze della mamma. Lo svezzamento può essere infatti fonte di stress per entrambi: il bimbo, dalla semplice suzione (del seno o della tettarella del biberon) deve iniziare a deglutire cibo solido, che gli verrà proposto con il cucchiaino. La mamma, dal canto suo, dovrà organizzarsi diversamente: non si tratta più di trovare il luogo migliore per allattare o per scaldare il biberon, si tratta di iniziare a organizzare piccoli pasti.
Certo si sta parlando di bimbi di quattro mesi: il primo passo da compire, dunque, è quello di proporre della frutta, ovviamente in formato purea. La mela, per esempio, è un alimento perfetto per cominciare: non ha un gusto particolarmente deciso, tende al dolce, si presta bene a essere frullata o grattugiata. Al neonato, nove volte su dieci, piacerà. Introdotta la frutta, si può iniziare con la prima pappa, che consiste, normalmente, in brodo vegetale (preparato con patata, carota e zucchina) a cui verrà aggiunta della farina di mais, di riso, di cereali.
E’ importante che il cibo venga introdotto per gradi: l’apparato digerente del piccolo non è ancora ben sviluppato e, quindi, si adatta poco per volta al contatto con sostanze nuove. In altri termini, il suo organismo deve abituarsi a cose nuove, come alla produzione degli enzimi che gli permetteranno di assimilare il cibo. Inoltre devono abituarsi anche il suo intestino, il suo stomaco e il suo gusto.
Detto questo, tra l’introduzione di un cibo e l’altro, i pediatri consigliano di lasciare un intervallo di tempo di 4 giorni. Tra l’altro, far assaggiare un alimento per volta e naturalmente in piccole quantità, è una buona misura di prevenzione il rischio di allergie. Così facendo, infatti, è più facile capire quale tipo di cibo abbia suscitato un’eventuale reazione allergica del bimbo (diarrea, vomito oppure eruzioni sulla pelle). In tal caso, inutile dirlo, occorre sospenderlo immediatamente. In ogni caso, è bene attenersi al calendario di introduzione degli alimenti suggerito dal pediatra: nei bimbi a rischio di allergia, in genere, le tappe dello svezzamento sono posticipate di un paio di mesi rispetto a quelle consigliate per gli altri bambini.
Un’altra fonte di dubbio per le neo mamme, riguarda la tipologia di cottura degli alimenti e la provenienza di questi. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, si abbia cura di selezionarli al meglio: bene il cibo biologico, ma questa non deve diventare un’ossessione. Basta infatti lavare sempre accuratamente la frutta e la verdura e acquistare quegli alimenti – per esempio le farine di cerali – di quelle marche che producono specificatamente alimenti per neonati. Solitamente, in queste aziende, la salubrità degli alimenti è un aspetto che viene sottovalutato.
Quanto alla tipologia di cottura, il tutto deve essere sempre molto semplice: la cottura al vapore è la più consigliata. La cottura al forno a microonde è ammessa: sfatando falsi miti, va detto che la cottura a microonde non favorisce affatto la formazione di sostanze tossiche o cancerogene nel cibo, poiché il tipo di onde che utilizza per cuocere ha una energia troppo bassa per poter rompere la struttura chimica del cibo e formare di conseguenza nuovi composti. Inoltre, come è stato accertato in molti test, i forni sono ormai tutti progettati in modo da rendere impossibile qualsiasi fuga di onde.
Per prima cosa, quando si inizia lo svezzamento, bisogna avere cura di scegliere il giorno, la settimana, più giusti. Il bimbo deve essere in buona salute e in un momento di tranquillità emotiva. A tutti gli effetti, si tratta di un cambiamento importante che, come detto in premessa, può essere subito accolto bene e con entusiasmo, ma che potrebbe pure turbare il piccolo. Pertanto, evitare assolutamente di far coincidere il primo giorno dello svezzamento, con il giorno in cui sono state programmate le vaccinazioni. Pollice verso anche quando il bimbo non sta bene, non dorme, è nervoso. Fatta questa doverosa premessa, va anche detto che ai primi assaggi della nuova pappa, può succedere che il neonato non gradisca per niente la novità e si metta improvvisamente a sputare tutto il cibo.
Sì, avete letto bene: il bimbo sputa tutto, senza ritegno, magari piangendo anche. In questi casi, non ci si deve far prendere dal panico e pensare che lo svezzamento sia già fallito e che il bimbo avrà problemi ad alimentarsi: bisogna solo avere parecchia pazienza, procedere con gradualità, e offrire la pappa al bambino con piccoli assaggi. Il rifiuto può infatti dipendere da diversi motivi: da una diffidenza verso il nuovo cibo, dalla paura o dalla sensazione che la pappa sia troppo calda, ma anche dal fatto che a questo punto deve imparare a deglutire e, per riuscire a farlo bene, ha bisogno di tempo. In ogni caso è giusto attenersi in maniera coerente allo schema di svezzamento messo a punto dal pediatra: vietato quindi modificare le sua indicazioni a proprio piacimento. Un accorgimento: al primo rifiuto, non bisogna insistere, anche perché potrebbe essere già sazio. Se pur piccoli e indifesi, i bimbi sono molto bravi a regolarsi da soli e hanno un senso di sazietà automatico, per cui appena lo stomaco è pieno cessano lo stimolo dell’appetito e il desiderio di mangiare.
In ogni caso, anche al secondo, terzo rifiuto, e anche quando si è certi che il bimbo non possa essere sazio, non ci si deve scoraggiare di fronte alla reazione di rifiuto del piccolo verso un cibo nuovo. Provate a riproporglielo un altro giorno. Alcuni dicono che sarebbe meglio evitare gli stratagemmi – tra gli ever green il volo di un aereo con il cucchiaino – o farlo giocare in modo che mangi più volentieri, perché si rischierebbe di trasformare il momento della pappa in un gioco: in realtà, le mamme sanno sempre che cosa devono fare e ogni mamma con il suo bambino troverà il modo migliore e più giusto per svezzare il proprio bimbo.
Quello che in effetti sembra essere proprio sbagliato, è quello di imboccare il piccolo “a tradimento”, ossia quando ha la bocca aperta: così facendo il momento della pappa rischia di trasformarsi in una lotta quotidiana. Meglio creare dei rituali, in modo che il bimbo capisca fin da subito che si sta avvicinando il momento della pappa: mettergli il bavaglino, farlo sedere nel seggiolone, fargli vedere il piattino con la pappa e fargli prendere in mano il cucchiaino, sono piccole cose che possono aiutare il bambino ad abituarsi a questo cambiamento.