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La mamma malata scrive ai figli per Natale

Una mamma malata terminale scrive delle cartoline ai figli per quando lei non ci sarà più. Ti raccontiamo la sua storia su Mamme Magazine.

La mamma di due bambini di 3 e 6 anni è malata terminale. Mentre combatte contro il tumore all’occhio che l’ha colpita quattro anni fa, scrive ai figli le letterine di Natale. “Da aprire quando non ci sarò più”.

Il cancro le è stato diagnosticato per la prima volta nel 2014, dopo una semplice visita dall’oculista. Lei si chiama Laura Atkinson, e pochi mesi dopo si sottopone ad un’operazione anche se è già in dolce attesa del figlio Dylan. Il tumore viene rimosso, ma a distanza di qualche anno ritorna più forte, e le prende anche il fegato.

Non vuole essere dimenticata

Laura è una mamma malata ma coraggiosa, ed è disposta a fare qualunque cosa per sopravvivere. Decide di tentare una nuova cura sperimentale, ma ha bisogno di aiuto. Lancia così una raccolta fondi su GoFundMe, sperando di guadagnare almeno qualche anno di vita per stare accanto ai suoi bambini.”Vorrei solo poter prendere la manina di Dylan a settembre e accompagnarlo al suo primo giorno di scuola”, ha confessato al Daily Mail.

Ma non intende aspettare per vivere. Perciò ha iniziato a scrivere e conservare dei ricordi, delle cartoline con gli auguri di Natale per i figli. Con la raccomandazione di leggerle solo quando se ne sarà andata. La sua più grande paura, infatti, è che i figli la dimentichino e soffrano la sua assenza.

Come i bambini affrontano il lutto

Il bambino reagisce alla morte in modo sostanzialmente diverso dall’adulto. Il suo lutto non va per fasi, ma è molto intenso e sentito come urgente: il piccolo cerca di liberarsene il prima possibile, è il suo modo di difendersi dal dolore. I suoi sentimenti però sono molto simili a quelli dei grandi: è triste e si sente abbandonato. Ma prova anche emozioni che non si sa spiegare, come senso di colpa e rabbia, che spesso manifesta come disturbi del comportamento.

Cosa può fare la famiglia? Partiamo dal presupposto che più il bambino è grande, più è in grado di capire cos’è la morte. Ma in ogni caso è sbagliato tenergli nascosta la verità o mentirgli. Il bambino infatti intuisce che qualcosa non va da aspetti che un adulto comunque non può controllare: l’espressione sul volto dei genitori; la tensione che si respira in casa; il cambiamento delle abitudini della famiglia.

Il piccolo ha bisogno di potersi appoggiare a due pilastri per affrontare il lutto: la fiducia e la verità. Se sente di essere escluso da una verità che tutti i parenti sembrano conoscere, proverà a dare una sua interpretazione degli eventi, col rischio di approdare a convinzioni sbagliate. Queste ultime potrebbero alimentare un pensiero disfunzionale, e creare dei traumi che saranno difficili da superare in futuro.

Per fare degli esempi, un bambino che si convince di aver causato più o meno direttamente la morte della mamma, potrebbe colpevolizzarsi indiscriminatamente da grande, e adottare comportamenti autopunitivi (disturbi alimentari, autolesionismo). Uno invece che creda di essere stato abbandonato, potrebbe sviluppare una profonda fragilità in futuro, e cercare le attenzioni sbagliate (ansia sociale, vittimismo, relazioni possessive).

Insomma, il primo passo è parlare subito di quanto accaduto. Si deve comunicare con lui usando un linguaggio semplice e non fraintendibile. Molto probabilmente il piccolo farà domande insistenti e vorrà tornare su alcuni punti del discorso: non spazientitevi e non fatelo sentire di troppo.

Fategli accettare l’idea della morte senza ricorrere a metafore o storielle. Limitatevi a dire quello che è giusto sapere: la mamma non c’è più, non voleva abbandonare nessuno, e non è colpa di nessuno se è morta.

I bambini fanno quasi sempre le stesse domande sulla morte: perché si muore, dove vanno le persone dopo la morte, se moriranno anche loro, se morire fa male. Anche in questo caso, siate diretti: se non c’è una risposta, diteglielo. Se c’è, spiegategliela rispettando la sua età e i valori in cui credete.

Scritto da Alice Sacchi
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