Non si vive più senza essere connessi ma i pericoli, soprattutto per bambini e adolescenti, sono in agguato. Ne parla in dettaglio a Mamme Magazine un esperto di sicurezza per descrivere i fenomeni in atto e mettere in guardia i genitori dalle insidie come l’adescamento online e i crimini sessuali digitali. E chiarisce che la vera prevenzione comincia offline
di Nereo De Cesari*
Viviamo in un’epoca in cui l’accesso alla rete è istantaneo, pervasivo e quotidiano. La tecnologia permea ogni aspetto della nostra vita e questo riguarda — forse più di chiunque altro — i bambini e gli adolescenti. Fin dalla tenera età, i minori si ritrovano a navigare in un mondo digitale che offre enormi opportunità ma cela anche insidie profondissime. Tra le più gravi, l’adescamento online, la diffusione di materiale pedopornografico e i crimini sessuali digitali. Nel 2023, la Polizia postale e delle comunicazioni, attraverso il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia online (Cncpo), ha rilevato dati preoccupanti:
· oltre 28.000 spazi web analizzati,
· 2.739 siti inseriti nella black list per contenuti pedopornografici,
· 1.224 persone denunciate,
· più di cento arresti in flagranza o su ordinanza cautelare,
· centinaia di dispositivi sequestrati contenenti materiale illecito,
· numerosi casi di adescamento e ricatto sessuale (sextortion) in danno di minori italiani e stranieri.
L’età si abbassa
Un dato che deve far riflettere: i bambini coinvolti sono sempre più piccoli. Se fino a pochi anni fa l’età critica era compresa tra i 12 e i 15 anni, oggi si segnalano vittime sotto i 9 anni, con episodi documentati anche tra i 6 e gli 8 anni.
Dove si annida il pericolo?
Gli adescatori non agiscono più soltanto nei forum nascosti del dark web. Sono presenti nei social network, nelle app di messaggistica, nei giochi multiplayer, persino nelle live streaming e nelle piattaforme per video amatoriali. Le modalità sono sottili e manipolative: si presentano con identità false, si fingono coetanei, costruiscono un rapporto di fiducia, affetto o complicità. In alcuni casi, arrivano a indurre i minori a inviare materiale intimo, che viene poi usato per minacce, estorsioni o scambiato in circuiti criminali internazionali.
Il ruolo delle forze dell’ordine
Il Cncpo, operativo dal 2006, è il cuore pulsante dell’attività investigativa contro la pedopornografia online in Italia. Lavora in stretto coordinamento con Interpol ed Europol, National Center for Missing and Exploited Children (Ncmec) negli Stati Uniti, l’associazione INHOPE, che riunisce le hotlines internazionali contro l’abuso online, le Procure italiane e i nuclei di Polizia giudiziaria.
Ogni giorno, specialisti altamente formati analizzano flussi di dati, tracciano contenuti sospetti, individuano utenti coinvolti in scambi illegali di immagini e video. L’attività investigativa prevede anche operazioni sotto copertura, volte a infiltrare reti di criminali digitali, spesso con risultati clamorosi. Recenti operazioni come “Meet up” e “Inferno” hanno portato a decine di arresti e allo smantellamento di comunità online dedite alla produzione e diffusione di contenuti pedopornografici.
I software di tracciamento
Tra gli strumenti più efficaci utilizzati vi sono:
· Child Exploitation Tracking System (CETS): software di tracciamento sviluppato in collaborazione con Microsoft;
· sistemi basati su AI e fingerprinting per il riconoscimento automatico di immagini illegali;
· la piattaforma PhotoDNA, utilizzata anche da Facebook, Twitter e Google per identificare e bloccare contenuti.
La responsabilità educativa: famiglie, scuole, istituzioni
Nonostante la sofisticazione degli strumenti tecnici, la vera prevenzione comincia offline, tra le mura domestiche, negli ambienti scolastici, nei luoghi educativi e di cura. Spesso si sottovaluta quanto sia fragile e influenzabile un bambino o un preadolescente che si trovi da solo davanti a uno schermo. Chi si prende cura di lui — un genitore, un tutore, un insegnante, un educatore o un operatore sociale — è la sua prima protezione.
Educare per proteggere
L’educazione digitale non può più essere un’opzione. Serve:
· spiegare ai minori cosa si può trovare online, anche ciò che può spaventare o confondere;
· stabilire un clima di fiducia, affinché si sentano liberi di raccontare ogni cosa senza paura di giudizio o punizione;
· controllare e condividere l’uso dei dispositivi, preferendo ambienti digitali sicuri e piattaforme con parental control;
· intervenire tempestivamente in caso di segnali di disagio, quali chiusura improvvisa, ossessione per lo smartphone, cambiamenti emotivi, minore rendimento scolastico.
Ma l’educazione deve andare oltre il singolo contesto familiare. In alcuni casi, i bambini non hanno una famiglia presente o sicura. Possono vivere in comunità, in case-famiglia, in ambienti in cui gli adulti di riferimento cambiano spesso. Oppure, drammaticamente, può accadere che l’abusante sia proprio una figura genitoriale. Per questo serve una rete articolata e collaborativa: scuole, consultori, comunità educative, assistenti sociali, pediatri, psicologi e forze dell’ordine devono comunicare tra loro e costruire una barriera solida contro l’abuso.
Progetti e campagne attive
L’Italia è tra i paesi più attivi in Europa nella prevenzione dei reati online contro i minori. Tra i progetti principali:
· Una vita da social (Polizia postale): campagna itinerante che coinvolge scuole in tutta Italia con un truck attrezzato per lezioni interattive su cyberbullismo, sexting e adescamento.
· Generazioni Connesse (Ministero dell’Istruzione – SIC Italia): offre strumenti educativi, corsi per insegnanti e materiali per genitori. Collabora con Google, Facebook, TikTok e altri grandi player.
· Telefono Azzurro – ChatAzzurro: supporto 24/7 tramite il numero 19696, la chat sul sito e la app. È possibile fare segnalazioni anche anonime.
· Save the Children – Riscriviamo il futuro: interventi di sostegno per bambini in difficoltà, anche nel contesto dell’educazione digitale.
· MOIGE – Internet Sicuro: attività di informazione per le famiglie e distribuzione di guide pratiche.
Una sfida che ci riguarda tutti
La lotta contro l’adescamento online e l’abuso dei minori è una sfida culturale, educativa, sociale e tecnologica. Non esistono scorciatoie né soluzioni facili. Ma esiste la possibilità — concreta e potente — di fare rete, di creare ambienti sicuri, di parlare, di ascoltare, di agire con tempestività. Ogni bambino ha il diritto di sentirsi al sicuro, anche quando è connesso. E ogni adulto ha il dovere morale di essere presenza, guida e sentinella. Perché la vera connessione che salva è quella tra un minore e chi, con amore e responsabilità, si prende cura del suo futuro.
Una sfida contro il tempo
Un dato interessante e allo stesso tempo allarmante emerge dalle statistiche di alcuni noti social network e riguarda il numero impressionante di minori che accedono alle piattaforme senza controllo genitoriale. Dallo studio si evince che molto spesso sono gli stessi genitori a influenzare o addirittura incentivare, comportamenti e atteggiamenti che possono innescare reazioni pericolose nel pubblico. Le dinamiche familiari contemporanee, frutto di una vita frenetica che gira intorno a meccaniche di lavoro stressanti e impegnative o di strutture sociali poco inclini a meccanismi di autocensura, sviluppano sistemi di valutazione differenti rispetto a strati societari più attenti o semplicemente più inclini al perseguimento del concetto di privacy. L’uso dello strumento, quindi, viene percepito come sistema di dialogo, come mezzo di comunicazione confidenziale e non più come semplice strumento di contatto, salvo poi rendersi conto che un “pubblico” più vasto può significare maggior pericolo.
A tal proposito, negli ultimi anni, l’analisi delle reti sociali e delle tendenze ha portato nel mirino piattaforme come OnlyFans. Se dapprima ci si è concentrati sul problema dei fatturati (sia della piattaforma che dei perfomers), solo in un secondo momento il fenomeno è stato analizzato dal punto di vista dell’impatto che può avere sulle nuove generazioni. L’obiettivo del guadagno facile (anche di ingenti somme di denaro) è un frutto troppo dolce per non essere colto, sorvolando spesso sull’aspetto etico e sociale del fenomeno. Se prima esisteva una linea di demarcazione ben visibile tra lenocinio e performance artistica, oggi pare essersi perso tra le infinite facce della filosofia della rete, luogo in cui non vi sono, apparentemente, confini sugli atteggiamenti socialmente accettabili. Ma chi decide cosa sia veramente socialmente accettabile?
Non è una battaglia politica né una battaglia legata alle strutture educative del patriarcato, quanto un problema causato dai meccanismi di autoassoluzione innescati dall’uso spropositato e talvolta errato dei social network. Se un tempo alcuni fenomeni sociali erano classificati come marginali proprio grazie alla scarsità di dati, oggi è possibile allargare il fenomeno e tracciare statistiche vere e proprie, con numeri ben definiti. È naturale, quindi, che la prima linea di difesa dovrebbe essere la famiglia, seguita poi dall’educazione scolastica, parallelamente a esperti comportamentali.
L’evoluzione delle reti sociali, come fenomeno tecnologico, ha una lunga serie di note positive: l’accesso facilitato alla cultura dovrebbe essere l’aspetto più importante. Allo stesso tempo, però, ci impone di osservare con sguardo più severo le implicazioni psicologiche nelle menti più vulnerabili, pilotate da esempi non sempre positivi e da chi, notoriamente, ne approfitta per fare vero e proprio proselitismo. Non a caso, il magistrato Nicola Gratteri spiega come molti social network vengano utilizzati per fare propaganda “mafiosa” innescando meccanismi di ammirazione nei giovani verso determinate categorie di persone: “TikTok è il social più usato dalle mafie, perché lì l’astro nascente del mondo criminale si fa vedere ricco, con l’orologio d’oro e la macchina di lusso, e in qualche modo attrae gli ignoranti e i giovani in cerca di soldi, poveri di etica e poveri di morale”.
Altro aspetto da non sottovalutare sono i modelli relativi all’estetica che i social network sembrano imporre nei giovani. Favorire determinati canoni rispetto alla “normalità” della vita di tutti i giorni induce a creare aspettative inarrivabili. E, molto spesso, deluse. I social sono invasi da video che invitano a dimagrire, andare in palestra per “avere il fisico”, assumere steroidi per arrivare ad avere forme fisiche più vicine a quelle dei “campioni”, ad acquistare capi di moda per somigliare alla divetta di turno, panettoni truffa, orologi (molto spesso falsi), auto di lusso, seni visibilmente “chirurgici”, addominali palesemente ricostruiti, glutei finti. Per non parlare del mito di Dubai proposto al pubblico occidentale. L’attrattiva che queste cose instilla nei giovani li allontana dai valori importanti della vita quali la cultura e il raggiungimento di obiettivi.
Il materialismo sfrenato pur di apparire
Non importa se con qualche spintarella o qualche forzatura. I social network giocano sulla vanità, sul carattere non formato per generare proselitismo a tutti i costi. Proselitismo che il più delle volte porta guadagno solo a chi sceglie il mestiere (già estremamente saturo) di influencer o come si dice oggi, di content creator. Nonostante sia palese che chi crea contenuti su social network come Instagram guadagni sul pubblico che segue e si interessa ai contenuti, il fenomeno, pur di essere notati, non si estingue. Frotte di giovani alla ricerca del tag o del commento o del semplice like da parte del famoso di turno come atto di elevazione assoluta nel mare di gente, di account, di numeri.
Da utente social mi pongo una serie di domande che scaturiscono dalla semplice osservazione dei miei personali comportamenti: esiste un limite?
La risposta è no. Gli algoritmi che stanno dietro, che operano nell’ombra, che operano non visti e solo parzialmente percepiti da chi con attenzione osserva le meccaniche di funzionamento, creano un cerchio, un circolo di attenzione, proponendo i modelli sopraesposti e facendo leva su quegli aspetti della nostra vita giudicati importanti perché la statistica funziona così.
E in Italia, nonostante tutto, siamo ancora molto fortunati. In realtà molto più grandi (Usa, Cina), dove i social network fungono da carta di identità, l’invasività del mezzo non viene neanche presa in considerazione, ma anzi, incentivata. In Usa viene utilizzato come specchio di vita: quindi, migliore sarà la visibilità, migliore sarà il livello di accettabilità sociale. Questo scatena il fenomeno del ballers account: foto ritoccate all’eccesso, foto in località particolarmente lussuose, frequentazioni importanti. Non a caso gli Usa sono la patria del catfishing. Che, se in parte era un fenomeno nato a causa da problemi auto-accettazione legati a situazioni di obesità, emarginazione, situazioni di povertà o disabilità, si è trasformato in vere e proprie truffe organizzate con le finalità più disparate.
In Cina il discorso è diverso. I social network vengono utilizzati per ottenere punteggi sociali mantenendo comportamenti predefiniti dal regime. Questi punti possono essere “spesi” come buoni. La Cina attua sistemi di controllo molto stringenti, fatti di riconoscimento facciale, bioscanner, geolocalizzazione. Ma questa è un’altra storia.
In conclusione, i social network sono legati a doppia mandata a problemi sociali molto importanti. Siamo partiti dalla pedopornografia, il cui fenomeno, proprio grazie ai social network, si è espanso a macchia d’olio e siamo arrivati all’analisi degli algoritmi che ci tengono sempre più incollati ai dispositivi. Se da un lato è importante che un genitore o un tutore veglino sull’incolumità di bambini e (soprattutto) adolescenti, dall’altro lato è importante educare gli adulti a non sottovalutarne i problemi e i pericoli.
L’ambiente domestico è il luogo da proteggere educando i giovani a un comportamento etico, corretto, insegnando loro che il pericolo non è solo la violenza per le strade – anche se tante volte tale violenza è amplificata dai social – ma si nasconde anche dietro una emoticon, un messaggio privato, un account. Dietro ciascuno di essi possono annidarsi persone, talvolta pericolose, talvolta bisognose di attenzioni; a volte esposte in modo chiaro e altre in modo subdolo e molte altre, semplicemente, in modo volgare. Ci sono persone pericolose, che fanno proselitismo con scopi legati alla malavita. Ci sono persone che mirano al portafogli e altre che semplicemente amano e pubblicano gattini.
*Nereo De Cesari (pseudonimo)
Cyber Security Specialist
Foto: Pixabay