Endometriosi e infertilità, la via della procreazione medicalmente assistita

L’endometriosi, la cui giornata mondiale è celebrata il 28 di marzo, è una patologia che nel 30 per cento dei casi provoca infertilità. Per la Siru, ossia la Società Italiana della Riproduzione Umana occorre aumentare sensibilizzazione per la procreazione medicalmente assistita, che rappresenta una soluzione concreta

di Redazione Mamme Magazine

 

Il monito della Società Italiana della Riproduzione Umana (Siru), lanciato occasione della Giornata dell’Endometriosi del 28 di marzo, è chiaro. Serve più  sensibilizzazione e più consapevolezza: la patologia riguarda una fascia di donne in età riproduttiva che oscilla tra il 5 e il 10 per cento, coinvolgendo circa 3 milioni di italiane e con problemi di infertilità nel 30 per cento dei casi.

La ricerca e la diagnosi

Da un lato, nonostante la serietà della patologia, la ricerca sull’endometriosi non gode di finanziamenti sufficienti (la Ue ha investito solo 15,6 milioni di euro negli ultimi anni) nonostante ci sia un carico sociale per assenze lavorative correlate alla malattia, stimate per circa 30 miliardi di euro.

Dall’altro, l’endometriosi è spesso sottodiagnosticata. Molte giovani donne si rassegnano al dolore, a causa di una società che tende a minimizzare tali sintomi, e chiedono una consulenza medica con grave ritardo. Un circolo vizioso da interrompere alla luce del fatto che le mestruazioni e le ovulazioni ripetute nel corso degli anni possono aggravare la malattia, alimentando l’infiammazione e favorendo la sua progressione.

La Pma

“In questo contesto la procreazione medicalmente assistita (Pma) si presenta come una soluzione fondamentale per le donne che desiderano avere figli nonostante la malattia”, sottolinea Paola Viganò, responsabile Laboratorio Pma del Policlinico di Milano. Secondo la specialista “la Pma offre l’opportunità di superare le barriere fisiche e infiammatorie derivanti dall’endometriosi, aumentando le probabilità di concepimento. Infatti, consente di avere un buon controllo sui processi di fecondazione e impianto dell’embrione, riducendo significativamente gli effetti negativi della malattia”.

E aggiunge: “Dati recenti suggeriscono che la Pma è efficace nel trattamento dell’infertilità associata all’endometriosi, anche in assenza di intervento chirurgico. Inoltre, in determinati casi è possibile preservare la capacità riproduttiva con eventuale crioconservazione dei gameti prima di sottoporre la paziente a un intervento di chirurgia sulle ovaie”. Le ultime tecniche diagnostiche, con il ricorso a ecografie avanzate e risonanza magnetica, permettono di rilevare le lesioni con un elevato grado di accuratezza. Tale precisione diagnostica è fondamentale: un test falsamente positivo potrebbe portare a interventi chirurgici non necessari, mentre un test falsamente negativo rischia una sottovalutazione da parte delle pazienti una condizione che richiede attenzione immediata.

Il dolore e i rapporti sessuali

Riconoscere che il dolore mestruale non debba essere accettato come una parte inevitabile della vita può costituire un passo cruciale verso una diagnosi precoce e un trattamento adeguato. “Quando le mestruazioni dolorose diventano un disturbo significativo che interferisce con le normali attività quotidiane e si manifestano forti dolori durante i rapporti sessuali – afferma Antonino Guglielmino, fondatore della Siru – è fondamentale che il medico sospetti l’endometriosi e prenda in considerazione l’adozione di terapie volte a sopprimere ovulazione e mestruazioni”.

Sulla gestione della malattia il professor Edgardo Somigliana, direttore del Pronto Soccorso Ostetrico – Ginecologico e Pma del Policlinico di Milano avverte: “Attualmente, le opzioni terapeutiche non comprendono una cura definitiva per l’endometriosi ma esistono diverse strategie per gestire e controllare i sintomi. Farmaci ormonali, come contraccettivi orali e progestinici, sono frequentemente utilizzati per mantenere la malattia sotto controllo. L’intervento chirurgico è un’opzione riservata ai casi in cui il dolore persiste, con l’obiettivo di rimuovere le lesioni e migliorare la qualità della vita”.

 

Foto: Pixabay

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