Essere primogenito

Il legame fra intelligenza generale e ordine di genitura è oggetto di dibattito da diverso tempo.
In questi giorni è stata pubblicata su Science una ricerca epidemiologica norvegese che ha analizzato il quoziente intellettivo di 241.310 ragazzi dai 18 ai 19 anni, nati fra il 1967 e il 1976, misurato in occasione della visita militare.
Depurando i dati dalle variabili potenzialmente influenti sui punteggi (il livello d’istruzione dei genitori, l’età della madre al momento del parto, la numerosità della famiglia), i ricercatori hanno verificato che i primogeniti hanno una media di q.i. di 103,2, contro il 100,3 dei secondogeniti e il 99,0 dei terzogeniti.
Gli stessi scarti, oltre che fra ragazzi appartenenti a famiglie diverse, sono stati ritrovati anche nelle 63.951 coppie di fratelli presenti nel campione.
Poiché il genere sessuale ha scarsi effetti sulla misura del quoziente intellettivo, si ipotizza che risultati simili, in termini di vantaggio intellettivo dei primogeniti, siano presenti anche nelle donne.
La cosa interessante è che, se in una famiglia il primogenito è stato assente o è morto, il secondogenito mostra il quoziente intellettivo di un primogenito.
In altre parole, in queste differenze di q.i., non conterebbero fattori biologici legati alla primogenitura, quanto le circostanze ambientali e le dinamiche familiari che fanno da contesto all’infanzia dei primogeniti e li mettono in condizione di dover fare gli apripista, quelli che vivono tutte le esperienze per primi e da soli.

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