Ecco tutti i pro e i contro dell'uso dell'epidurale
L’analgesia epidurale, detta anche peridurale, consiste nella tecnica più efficace -attualmente esistente- per il controllo del dolore durante il travaglio e il parto. La procedura si rivela alquanto semplice. Essa consiste nell’inserire a livello lombare (quindi il più basso) della colonna vertebrale un catetere molto sottile, delle dimensioni di un capello. Innanzitutto la pelle viene disinfettata e viene somministrato un anestetico locale, che può causare un leggero bruciore. In seguito, viene posizionato l’ago che serve a inserire il catetere.
L’ago viene successivamente tolto. Il catetere, al contrario, rimane in sede, fissato alla schiena della donna. Attraverso questo sottile tubo, ogni volta che serve, viene somministrato l’analgesico. In genere, tali rabbocchi avvengono ogni una o due ore. La donna deve essere seduta e piegata in avanti durante la procedura, che dura in totale una decina di minuti.
Per poter procedere con l’epidurale, è necessario avere effettuato una visita anestesiologica durante gli ultimi mesi della gravidanza. Essa serve a verificare che tutto è regolare e che effettivamente l’anestesia potrà essere effettuata senza alcun problema. In particolare durante le ultime settimane di gestazione, l’anestesista richiederà alcuni esami del sangue che fungono da ulteriori accertamenti. In particolare, essi consistono in tempo di protrombina, tromboplastina parziale attivata ed emocromo. Se questa visita è avvenuta, ogni momento è adatto a decidere se procedere o meno con l’epidurale. Il corso preparto potrebbe rivelarsi la circostanza più adatta per raccogliere informazioni su questa tecnica e cominciare a decidere poiché, nella maggior parte dei casi, è previsto un incontro con un anestesista.
Al momento del travaglio e del parto, se si soddisfano le condizioni sopra enunciate, è possibile chiedere l’epidurale quando si preferisce. Molte donne, infatti, preferiscono aspettare prima di chiedere tale anestesia, per vedere se riescono a sopportare il dolore evitandola. Dopo la somministrazione dell’analgesico, è normale che la persona avverta formicolio e dolore alle gambe, sensazioni passeggere. Il dosaggio risulta molto ridotto al giorno d’oggi, dunque la donna riesce in ogni caso a camminare e ad avvertire le contrazioni, così come a spingere per facilitare il parto. In altre parole, l’epidurale non annulla completamente la percezione del dolore. Al contrario, la riduce sensibilmente, senza però comprometterla del tutto.
Ma come si decide se effettuare o meno l’epidurale? Su quali basi? Per compiere una scelta del genere, è indispensabile informarsi, con largo anticipo rispetto alla data prevista per il parto, presso medici, ginecologi e anestesisti. A tal proposito, ci teniamo a precisare che una guida come quella che state leggendo non può mai sostituire il parere di un esperto. Chi scrive non è un medico e, pur trattandosi di informazioni verificate, assumono carattere generale, mentre ogni caso deve essere valutato singolarmente tenendo conto delle sua specificità. Dunque, ci limitiamo in questa sede ad enunciare lati positivi e negativi della procedura in questione, che si applicano a chiunque.
Analizziamo innanzitutto i pro. L’epidurale riduce sensibilmente la percezione del dolore, ma non priva la partoriente della sensibilità. Ciò permette alla donna di continuare a sentire le contrazioni, avvertite in questo caso come stimoli non dolorosi. Di conseguenza, l’analgesico non compromette, durante la fase espulsiva del parto, la capacità della donna di muoversi e spingere con efficacia. Di conseguenza è possibile restare più rilassate ma comunque contribuire attivamente alla nascita.
L’epidurale dunque può essere mantenuta anche nella fase espulsiva, quando lo sforzo e l’impegno richiesti aumentano. La presenza del catetere, inoltre, non limita i movimenti della donna, che può comunque assumere la posizione che preferisce. La tecnica, ormai, viene utilizzata da anni e in tutto il mondo. Come tale, ha raggiunto livelli sia di efficacia, sia di sicurezza molto elevati. Essa può essere ormai richiesta anche nelle prime fasi del travaglio. Infine, i farmaci impiegati per realizzarla non raggiungono il bambino e risultano compatibili con l’allattamento al seno.
Esistono però anche alcune controindicazioni. In primo luogo, riducendo lo stimolo doloroso, l’epidurale altera i meccanismi ormonali del travaglio. In particolare, blocca la secrezione di endorfine e riduce la produzione di ossitocina. L’analgesia potrebbe inoltre provocare nella donna un calo di pressione: questo la obbliga a passare il travaglio distesa nel letto. Il ricorso all’epidurale viene anche associato con una maggiore frequenza di parti operativi, ovvero in cui si rende necessario l’utilizzo della ventosa e della manovra di Kristeller. Infine, l’ago potrebbe pungere accidentalmente la membrana durale, ovvero quella che racchiude il midollo spinale. Se questo avviene, al parto potrebbe seguire una forte cefalea.