Ecco come funziona l'epidurale e di cosa si tratta nello specifico
L’anestesia epidurale, detta anche peridurale, ha lo scopo di ridurre la percezione del dolore durante il travaglio e il parto. Si tratta proprio, in relazione a questa questione, della tecnica più efficace, universalmente riconosciuta dal mondo medico. Per poterla effettuare occorre che la gestante si sia sottoposta, negli ultimi mesi di gravidanza, a una visita anestesiologica.
Essa serve a verificare la mancanza di gravi controindicazione a tale tipo di analgesia. Inoltre, l’anestesista presente al momento del parto domanderà anche alcuni esami del sangue, da effettuare nelle ultime settimane prima del parto. Concretamente, essi consistono in emocromo, tempo di protrombina e di tromboplastina parziale attivata. Durante i corsi di preparazione al parto si prevede normalmente un incontro con un anestesista, un ostetrico e altri professionisti del settore. Si tratta, dunque, di un buon momento per raccogliere informazioni sulla tecnica e iniziare a valutare la possibilità di richiederla al momento debito o meno.
In ogni caso, la decisione vera e propria può essere presa sul momento. Normalmente, la scelta di procedere o meno con l’analgesia dipende dalla capacità di reggere il dolore man mano che il travaglio prosegue. Ricordate che, una volta soddisfatti i requisiti sopra indicati, sarà possibile fare richiesta di vedersi somministrata l’epidurale in qualunque momento del parto o del travaglio. Quelle persone che ne sono sicure già dal primo momento possono anche richiederla subito.
Ma esistono donne che non possono reggere l’epidurale e che dunque non hanno la possibilità di effettuare questa scelta? La risposta è sì, ma si tratta per la verità di casi piuttosto isolati. A non poter richiedere l’anestesia suddetta sono generalmente le pazienti che soffrono di patologie neurologiche che interessano la colonna vertebrale oppure di patologie della coagulazione. Inoltre, sono escluse quelle gestanti che presentano un’infezione in corso nel punto in cui la puntura dovrebbe essere effettuata.
La procedura per procedere con l’anestesia risulta comunque piuttosto semplice. L’area in cui si effettuerà la puntura viene innanzitutto accuratamente disinfettata, dunque si procede con la somministrazione di un anestetico locale. Un sottilissimo catetere, il cui diametro corrisponde a quello di un capello, viene inserito nella parte più bassa della colonna vertebrale, ovvero a livello della zona lombare. L’inserimento avviene per mezzo di un ago, il quale viene poi rimosso. Il catetere, al contrario, resta in sede, quindi fissato alla schiena della partoriente.
Proprio attraverso questo minuscolo tubicino viene somministrato alla donna l’analgesico. La somministrazione viene ripetuta ogni volta che si rende necessaria. I rabbocchi vengono effettuati in genere, a piccole dosi, ogni una o due ore. Per effettuare la procedura iniziale si inserimento del catetere, la paziente deve trovarsi in posizione seduta, con la parte superiore del corpo piegata in avanti. L’inserimento di ago e catetere le rimozione del primo costituiscono un processo la cui durata totale si attesta intono ai dieci minuti.
L’analgesia epidurale viene generalmente scelta perché si crede che essa possa garantire un parto indolore. Tale convinzione non si rivela né vera né falsa. Occorre invece analizzare meglio il funzionamento e l’effetto che l’anestesia esercita sulla paziente. Abbiamo detto innanzitutto che l’analgesia può essere richiesta in qualunque momento del travaglio o del parto. In Italia, non si tratta ancora di una procedura estremamente diffusa. Per questo, le donne italiane tendono ad aspettare per verificare la loro soglia di sopportazione del dolore. In altri paesi, invece, si tratta di una anestesia molto più comune, quasi di pressi. Dunque, donne straniere provenienti da questi stati tendono a domandarla sin dal primo momento in cui inizia il travaglio. Si tratta di una scelta completamente soggettiva.
Subito dopo la somministrazione dell’analgesico attraverso il catetere, è frequente che la partoriente avverta una sensazione di calore e formicolio che interessa le gambe. Si tratta di sensazioni generalmente passeggere e che non devono destare preoccupazioni, poiché si rivelano comuni e perfettamente normali in reazione all’anestesia. Anche sotto anestesia, comunque, la paziente riesce a effettuare movimenti comuni, come camminare. Questo avviene perché i dosaggi di anestetico attualmente utilizzati per il parto risultano molto ridotti. Ciò consente anche un ulteriore, significativo vantaggio in relazione alla percezione delle contrazioni.
Ricordiamo infatti che le contrazioni da travaglio e da parto possono risultare anche molto dolorose. Tuttavia, esse ricoprono un ruolo fondamentale. Comunicano, infatti, alla partoriente indicazioni importanti su come comportarsi per facilitare il parto e tenere sotto controllo il dolore stesso. Inoltre, le dicono quando è il momento di spingere di più. L’epidurale non impedisce alla donna di avvertire questa contrazioni. Al contrario, questa le sente ancora, ma come uno stimolo poco o per niente doloroso. Il dolore, dunque, può essere diminuito grazie a questa tecnica, ma non eliminato del tutto.