Argomenti trattati
L’enuresi notturna, ovvero l’atto di fare pipì a letto, colpisce prevalentemente i bambini intorno ai 7 anni, ma questo disagio può protrarsi anche fino ai 10 anni. Come può gestirla un genitore? Innanzitutto, è importante approcciare il problema con delicatezza, evitando che il bambino provi vergogna e senza mai colpevolizzarlo. Detto questo, bisogna informarsi giustamente sulle cause che la provocano e sapere come curarla.
Enuresi notturna nei bambini: i criteri per riconoscerla
Si parla di enuresi notturna nel caso in cui la minzione involontaria avvenga più di due volte al mese e si prolunghi per almeno tre mesi. Si distingue in primaria e secondaria: la prima colpisce tutti quei bambini che non hanno mai imparato a controllare la propria vescica quando dormono; la seconda si riferisce a quelli che invece possono contare almeno sei mesi consecutivi di “notti asciutte”.
Solitamente, il processo di maturazione del controllo della vescica si ultima intorno ai 3 anni, momento in cui il piccolo sa riconoscere quando deve espletare i propri bisogni e sapendolo segnalare ai genitori. Vari studiosi hanno dimostrato che il periodo più indicato per “addestrare” i figli a far pipì al gabinetto si aggira tra i 18 e i 24 mesi di vita. Tuttavia, come sappiamo, l’enuresi notturna si presenta anche oltre questa età, a causa di problemi fisici o psicologici che è bene riconoscere subito.
Le cause psicologiche e fisiche
Bisogna in primis accertarsi che l’enuresi notturna non sia sintomo di altre patologie in corso come un’infezione delle vie urinarie, il diabete mellito o il diabete insipido, i quali possono provocare queste minzioni involontarie. Altre concause fisiologiche potrebbero essere:
- stitichezza, in quanto le feci rimaste nell’ultimo tratto dell’intestino premono contro la vescica causandone lo svuotamento;
- disturbi della respirazione nel sonno come apnee o russamento che rovinano la qualità del sonno del bambino;
- obesità, proprio per il fatto che possa essere ricollegata al diabete, come già menzionato.
Da non sottovalutare è inoltre lo stato psicologico del bambino, il quale potrebbe essere compromesso da situazioni di malessere in famiglia o a scuola. Basti pensare a litigi tra i genitori, l’arrivo di un nuovo fratellino, un lutto recente, maltrattamenti a scuola o in casa; tutte queste situazioni possono gravare pesantemente sul benessere psico-fisico del bambino, causando disagi quali l’enuresi notturna e abbassando l’autostima del piccolo.
Enuresi notturna: come curarla
In primo luogo, attenzione a come si approccia l’argomento con il bambino: non sarebbe giusto schernirlo né farlo sentire in colpa mettendo in atto delle punizioni. Il clima favorevole al confronto è quello di un dialogo aperto, rassicurante e non giudicante. Il secondo passo è rivolgersi sempre e comunque al medico curante, il quale saprà indicare trattamenti specifici o strategie da attuare in casa. Eventualmente, ci si può anche recare da un nefrologo pediatrico specializzato che può alleggerire la situazione prescrivendo dei farmaci. In particolare, la desmopressina e l’ossibutinina sono indicati per chi soffre di enuresi monosintomatica, cioè che avviene solo di notte, e non monosintomatica, che invece si verifica anche durante la giornata.
Altre importanti indicazioni sono:
- assicurarsi che il bambino riceva il giusto fabbisogno di liquidi durante la giornata, ma limitandone l’assunzione durante la sera;
- evitare le bevande zuccherate;
- trasformare in abitudine le minzioni durante il giorno, istruendolo a fare sempre la pipì prima di andare a letto;
- se è presente una situazione di stitichezza nel bambino, occuparsi di quella reintegrando nella sua dieta fibre e liquidi;
- non creare mai un sentimento di vergogna nel bambino e, anzi, premiarlo per ogni “notte asciutta” che riesce a completare.