L’ecografia 3d, così come quella in 4, rappresenta un metodo innovativo di ecografia fetale. Quella tradizionale corrisponde infatti all’ecografia bidimensionale, in grado di restituire un’immagine del feto a due dimensioni e a scale di grigio. L’apparecchiatura che impiega le modalità 3d-4d, invece, realizza un effetto che viene definito ‘rendering’. Esso consiste nel memorizzare un certo numero di sezioni per ottenere un’immagine tridimensionale alquanto accurata ed estremamente simile all’originale.
In questo modo, il feto viene raffigurato come realmente è, come se venisse fotografato all’interno del ventre materno. Non a caso, infatti, l’ecografia tridimensionale viene spesso paragonata, per i risultati a cui permette di accedere, alla tecnica fotografica.
Quando fare l’ecografia 3d
L’ecografia 3d permette di ottenere delle fotografie rappresentanti le fattezze del nascituro. L’acquisizione dei fotogrammi risulta, nella maggior parte dei casi, relativamente indaginosa, in quanto deve essere effettuata muovendo manualmente la sonda da parte del ginecologo. La procedura descritta comporta tempi di realizzazione e un certo grado di incertezza sui risultati ottenuti.
Spesso, infatti, questi non risultano soddisfacenti. Perché lo diventino, è necessario ripetere più volte l’operazione, allungando ulteriormente il tempo necessario per ottenere un risultato valido. Al contrario dell’ecografia 4d, che consente di vedere il feto in movimento e in tempo reale, in modo simile alla tecnica video, l’ecografia tridimensionale restituisce immagini statiche e non in movimento.
L’ecografia 3d risulta identica a una classica ecografia bidimensionale. Essa può essere effettuata in qualsiasi momento della gravidanza ma, ovviamente, il miglior impatto estetico potrà essere garantito solo delle maggiori dimensioni del nascituro, che si verificano a parte dalla venticinquesima settimana. L’ecografia tridimensionale può essere effettuata sia per via transvaginale, nel corso delle prime settimane di gestazione, sia per via sovrapubica, durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza. La tecnica consente di rilevare alcuni organi anche in caso di posizione fetale sfavorevole.
Rischi e conseguenze
Alla luce delle conoscenze mediche attuali, sia l’ecografia tridimensionale che quella quadridimensionale risultano completamente innocue, così come quella tradizionale. Esse non compromettono la salute del feto e non comportano rischi nemmeno per la puerpera. Tra le varie ecografie cambia infatti il modo di rappresentazione dell’immagine, mentre le potenze utilizzate rimangono le medesime. Il principale vantaggio offerto da questi metodi innovativi si presenta nel momento in cui si ha la necessità di rilevare o verificare sindromi del feto caratterizzate da facies, ovvero un aspetto del viso peculiare.
Inoltre, queste ecografie possono rivelarsi utili per rilevare eventuali anomalie nella conformazione del cordone ombelicale, negli arti del nascituro o in qualsiasi altra sua parte del corpo. Inoltre, è possibile utilizzare l’ecografia tridimensionale anche per ottenere immagini non sono delle strutture di superficie, bensì anche di quelle più profonde. Ciò apre nuova prospettiva per la diagnostica precoce di malattie o anomalie del torace e degli organi interni, compresi quelli genitali.