Ecco cos'è la displasia intestinale e come curare l'alterazione della struttura cellulare
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La displasia consiste in un’alterazione di tipo qualitativo, quantitativo o morfologico della struttura cellulare di un tessuto del corpo umano, in genere di tipo epiteliale. Un tessuto displastico consiste dunque nello stesso tessuto, ma interessato, a livello di numerose cellule, da variazioni rispetto alla norma. Le irregolarità che colpiscono tali cellule possono essere relative alla forma, alle proprietà cromatiniche, alle dimensioni, nonché alla loro disposizione all’interno dello stesso tessuto.
La displasia può assumere tre diversi gradi, che ne determinano la gravità: livello lieve, moderato e severo. Essa non deve essere inoltre confusa con la neoplasia, un evento differente. Infatti, anche se le due situazioni trovano punti di contatto, le cellule displastiche hanno sempre la possibilità di tornare normali.
La displasia intestinale, dunque, è l’anomalia del tipo descritto che interessa i tessuti dell’intestino umano, e può colpire in maniera uguale sia donne che uomini. Le cellule displastiche, dunque, presentano caratteristiche differenti in rapporto alle loro controparti, ovvero le cellule sane dello stesso tessuto intestinale. Il processo displastico resta comunque potenzialmente reversibile, a condizione che si procede a eliminare la causa scatenante che l’ha provocata. Sebbene in alcuni casi, ma non sempre, la displasia rappresenti la premessa per la formazione di un tumore maligno, essa non deve essere confusa con la neoplasia. Il processo neoplastico, infatti, risulta sempre irreversibile, sebbene le cellule da esso interessate godano di caratteristiche qualitative e morfologiche simili a quelle delle cellule displastiche.
I cambiamenti caratteristici che risultano tipici della displasia possono essere classificati in quattro categorie. L’ipercromatismo corrisponde alla capacità dei nuclei cellulari di pigmentarsi in maniera più intensa, a causa di una presenza addensata di cromatina. La poichilocitosi, dal canto suo, indica la presenza di cellule deformi o, comunque, di forma irregolare. Il termine specialistico anisocitosi, inoltre, segnala la presenza di cellule di dimensione diversa. Infine, il termine ‘numero aumentato di figure mitotiche’ significa che il numero di cellule presenti risulta anomalo.
In ogni caso la divisione cellulare, nella displasia, avviene in maniera regolare. Le cause della displasia si trovano in genere nell’esposizione ripetitiva ad alcuni agenti irritativi o infiammatori. Questi possono essere di tipo chimico, come gli idrocarburi aromatici, biologico, ad esempio i virus, oppure fisico, come le radiazioni tipiche dei raggi solari.
Purtroppo, non esiste un modo per prevenire una displasia se non, come è intuibile, evitare l’esposizione prolungata ad agenti potenzialmente infiammatori. Dunque è bene evitare, soprattutto da bambini, l’esposizione diretta e continua al sole e le situazioni passibili di contagiare con virus. Per il resto, il processo displastico non risulta prevedibile e, di conseguenze, appare difficile da evitare a priori.
Ciò su cui invece risulta possibile intervenire è il degenerare del processo displastico da uno stadio a quello successivo. Come è facile immaginare, dei tre diversi gradi quello severo appare quello che nutre maggiori possibilità di trasformarsi in un tumore maligno. Una diagnosi precoce aiuta quindi a intervenire tempestivamente per ostacola il processo displastico che, come dicevamo, è reversibile. Vediamo meglio in cosa differiscono tra loro i tre diversi gradi.
Il grado lieve prevede una densità esigua di cellule displastiche in un determinato tessuto (nel caso specifico, quello intestinale). L’epitelio conserva, in questa situazione, una normale stratificazione, ma le cellule basali, ovvero quelle degli strati inferiori, presentano un nucleo voluminoso e acromatico, nonché una alterazione nel numero. Nella displasia di grado moderato, invece, la densità di cellule displastiche presenti in un tessuto risulta discreta. In questo caso, le alterazioni risultano più marcate senza, tuttavia, potersi ancora definire gravi. Infine, una displasia di grado severo coincide con un’elevata quantità di cellule displastiche all’interno di un tessuto. Le cellule in questione presentano un nucleo irregolare, ipercromatico e voluminoso e la stratificazione dell’epitelio mostra alterazioni profonde.
Con il solo esame citologico è difficile distinguere le cellule affette di semplice displasia da quelle invece interessate da neoplasia. Occorrono valutazioni diagnostiche più approfondite per riuscire a distinguere le due situazioni. La displasia epiteliale intestinale viene chiamata, in sigla, anche IED. Essa si presenta soprattutto nei neonati e risulta più diffusa in certe zone dell’Africa e in quelle aree del mondo in cui i genitori hanno maggiori probabilità di essere consanguinei.
La malattia è nota anche come enteropatia a ciuffi e si presenta in genere con una diarrea intrattabile e a esordio precoce. A volte, essa è accompagnata da una insufficienza intestinale irreversibile. I neonati affetti di displasia intestinale sviluppano, nei primi giorni di vita, una diarrea acquosa che persiste. La malattia può evolvere sino alla necessità di un trapianto intestinale, che deve essere eseguito prima della comparsa di complicazioni più gravi.