A settembre si tornerà in aula o ci sarà un ritorno della didattica a distanza? Tutto quello che c'è da sapere per affrontare l'inizio del nuovo anno scolastico.
In questa prima metà del 2020 nessuno si sarebbe mai aspettato lo scoppio di una pandemia a livello globale o di vivere per tre mesi in quarantena. E se i cambiamenti nella vita quotidiana degli adulti sono stati notevoli, anche i bambini si sono trovati a dover affrontare dei cambiamenti. Uno dei settori che hanno risentito di più della pandemia è stato sicuramente quello dell’istruzione. Le lezioni in presenza si sono trasformate in quiz al computer e videochiamate. Ma se ci dovesse essere una seconda ondata di Coronavirus, potrebbe palesarsi l’idea di tornare alla didattica a distanza a settembre?
Non si hanno certezze sull’evoluzione clinica del Coronavirus. Del resto, diversi studi hanno ipotizzato una correlazione tra aumento delle temperature e attenuazione del patogeno. Ne risulta, quindi, che il freddo potrebbe restituire virulenza al nuovo Coronavirus determinando un aumento di casi. Una cosa è sicura: quella che ricomincerà a settembre sarà una scuola diversa. Si tornerà in aula, ma a distanza di un metro, ci saranno più laboratori e si farà lezione anche il sabato, per quegli istituti in cui prima non era previsto. Se la didattica a distanza ci sarà, sarà solo “complementare”, andando a supportare la didattica in classe. Queste sono solo alcune delle misure previste dal piano della Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. I presidi avranno massima autonomia nell’organizzazione e nella pianificazione del lavoro, attraverso un mix di classe, spazi alternativi e didattica a distanza. Proprio su quest’ultimo tema si è soffermato il Sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro, che ha spiegato come la didattica a distanza non sia prevista sotto i 14 anni. La DAD rimarrà invece solo per la scuola secondaria di secondo livello ma in condizioni assolutamente residuali.
La didattica a distanza è stata e resta una grande opportunità di rinnovamento del sistema scuola, rispetto alla quale il massimo sconcerto è che la scuola, durante la pausa estiva, non stia valutando in nessun modo l’opportunità di correggere e limare questo strumento che le è valso la sopravvivenza. Di sicuro non è stata perfetta, però, con alcuni accorgimenti potrebbe diventare un ottimo strumento qualora ci fosse un secondo lockdown. Innanzitutto, in base ai limiti d’attenzione di bambini e ragazzi le lezioni dovrebbero essere brevi e concentrate (dai 20 ai 30 minuti). I problemi tecnici naturalmente possono esserci, ma in linea generale lo Stato dovrebbe ovviarvi con investimenti a supporto del tessuto connettivo del web. I libri potrebbero essere sostituiti con materiali digitali. I bambini dovrebbero indossare cuffie o auricolari e le lezioni non andrebbero mai seguite dal cellulare, meglio dal computer o dal tablet. Tra una lezione e l’altra potrebbe essere utile fare una pausa di 10-15 minuti per far riposare la mente. I sistemi di registrazione delle presenze dovrebbero essere automatizzati per evitare perdite di tempo. Infine, la serietà dei bambini nella partecipazione alle lezioni dovrebbe essere stimolata dal corpo docenti con un cambio di rotta nella comunicazione.
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Scuola e didattica a distanza: una riflessione
di Anna Angelucci
(da ROARS, 11.4.2020)
Il Decreto Scuola dell’8 Aprile mira ad assicurare attraverso la didattica a distanza lo svolgimento e la conclusione di questo anno scolastico funestato dal coronavirus e l’avvio ordinato del prossimo. Nella bozza si richiama il lavoro agile come cornice di riferimento normativo per inquadrare le attività a distanza dei docenti. Pur nell’eccezionalità di un momento che richiede soluzioni d’emergenza, una riflessione si impone: se il lavoro a distanza degli insegnanti con i loro studenti dovesse essere definitivamente incastonato nella cornice giuridica del lavoro agile allora avremmo compiuto l’ultimo passo verso l’aziendalizzazione non solo della scuola ma della stessa relazione educativa.
Una didattica a distanza ordinaria e normata come smart working, di cui, in questi giorni difficilissimi e straordinari, i “piazzisti dell’istruzione” vaticinano le sorti progressive costruendosi proficue rendi