Film e maternità in tv: le vicende surreali di ‘Nightbitch’

Una donna interrompe la propria carriera per stare a casa con il proprio primo figlio. Ma le vicende assumono dei toni surreali. L’immagine è tratta da Searchlightpictures (Pressroom)

di Manuela Vacca

 

È surreale, con qualche pennellata nera ben assestata il film “Nightbitch“, diretto e sceneggiato da Marielle Heller, arrivato su Disney+ e tratto dal romanzo di Rachel Yoder. In scena la versatile Amy Adams (che molti hanno amato in Bella”, “Arrival” e Big eye”) per interpretare una neomamma che interrompe la propria carriera artistica per stare a casa con il bambino.

È un personaggio senza nome (indicato con “Madre”), che nella socialità sa dire la cosa giusta e lodare l’esperienza totalizzante della maternità mentre il padre del piccolo resta assente quasi tutta la settimana. E quando c’è non fornisce un valido supporto nella gestione del figlio.

La donna affronta umori ben diversi da quelli socialmente attesi e inizia un percorso di trasformazione e persino di metamorfosi animale – fine allegorico del corpo mutato dall’evento gravidanza – che sfoceranno in una ricostruzione di identità con effetti positivi sulla sua vita.

La trama segue il vissuto della maternità nel ruolo sociale che impone una cura piena e senza sbavature. Sempre all’altezza. Diversamente il biasimo della comunità in cui la donna vive è dietro l’angolo. Forse ci si attendeva il racconto intimo e lacerante di una mamma come tante, divise tra un amore autentico per il proprio figlio e una voce profonda che lamenta la perdita di parte di sé.

Il film, a tratti liberatorio, appare una bizzarria che però si sgonfia. L’idea di una maternità che non spersonalizzi la donna è sempre valida. Eppure il racconto, che funziona nei tratti surreali, pecca di uno sfilacciamento soprattutto per il perpetuo flusso di coscienza: il monologo continuo della protagonista.