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Il parto indotto avviene tramite stimolazione del travaglio. Quest’ultimo consiste nella fase che precede il parto naturale del neonato. L’induzione può essere di natura manuale, artificiale oppure farmacologica. Normalmente, tale tecnica viene impiegata quando il travaglio non comincia spontaneamente e prima di optare per un taglio cesareo. Le tecniche impiegate possono essere differenti.
La più tradizionale corrisponde al distacco manuale delle membrane. Attraverso un massaggio, si allontanano dalla cervice le membrane, lasciandole intatte. Un tipo di distacco artificiale è invece quello effettuato grazie al palloncino: esso viene gonfiato sino a 5 centimetri di diametro e stimola così la naturale produzione di prostaglandine. Il metodo della fettuccia consiste invece nell’immergere una fettuccia di prostaglandine e inerirla nella vagina per ventiquattro ore. Gradualmente, tale garza rilascia la sostanza attiva e così facendo prepara il collo dell’utero e stimola il travaglio. Infine, se si vuole utilizzare il gel di prostaglandine, occorre inserire le candelette vaginali all’interno dell’utero. Queste non inducono direttamente il travaglio, bensì ammorbidiscono la cervice e, con l’utilizzo di ossitocina, favoriscono la dilatazione.
Parto indotto
Si sceglie di ricorrere al parto indotto per motivi differenti. In linea di massima, la ragione principale è quasi sempre lo scadere del termine della gravidanza. La nascita del bambino dovrebbe infatti avvenire tra la quarantesima e la quarantaduesima settimana. Tuttavia, a volte questo non accade. Quando il travaglio non comincia entro il tempo massimo stabilito, e soprattutto se si preferisce evitare di ricorrere al cesareo, si procede con l’induzione. Anche nelle circostanze in cui la salute della donna incinta o del nascituro risultino a rischio il parto viene indotto. In particolare, esso viene prediletto in caso di leggera sofferenza fetale, ovvero quando le condizioni generali del nascituro risultano buone ma il suo battito cardiaco presenta alcune anomalie.
Il parto indotto, inoltre, deve essere impiegato qualora le acque si rompano senza che ci siano state prima delle contrazioni. I ginecologi, infine, consigliano addirittura di indurre il parto qualche settimana prima della scadenza in caso di diabete o di gestosi (detta anche preeclampsia). La ragione di ciò risiede nel fatto che, in tali condizioni, se il feto cresce troppo la donna corre maggiori rischi. Il parto indotto anticipato viene altresì applicato ai casi di scorretto funzionamento della placenta. Questa situazione causa infatti un impedimento alla crescita del nascituro.
Come si struttura
Le quattro tecniche che è possibile utilizzare per indurre il parto sono quelle elencate spiegate all’inizio di questo articolo. Ma quanto tempo deve trascorrere tra la stimolazione e l’inizio del travaglio? Purtroppo non disponiamo di una risposta univoca a tale questione. Essa dipende soprattutto dal grado di maturazione della cervice. Se essa è molto immatura, infatti, potrebbero passare anche giorni prima che il travaglio cominci. Al contrario, quando la cervice è molto matura il travaglio potrebbe avviarsi subito dopo l’induzione.
Le candelette di prostaglandine vengono in genere lasciate agire per dodici ore e fino a un massimo di ventiquattro. Con l’ossitocina è invece sufficiente attendere tra le quattro e le cinque ore per verificare l’effetto atteso. Con le stimolazioni di tipo meccanico, invece, il travaglio dovrebbe avere inizio quasi nell’immediato. Tuttavia, si tende ad aspettare circa dodici ore prima di affermare che la tecnica non ha avuto successo. In questo caso, si decide cosa fare: è possibile tentare di nuovo l’induzione oppure procedere con il parto cesareo.
Come avviene
Un primo metodo di induzione potrebbe dunque rivelarsi fallimentare. In questo caso, i medici dovranno effettuare una seconda, attenta analisi del caso e decidere, insieme alla partoriente, come proseguire. Infatti, sebbene sia possibile tentare un’altra tecnica di parto indotto, non sempre è consigliabile agire in questo modo. Una valutazione accurata e un bilanciamento di rischi e benefici dovranno essere la base su cui decidere se procedere con una diversa tecnica di induzione oppure con il cesareo.
Se l’induzione ha successo, al contrario, prende avvio il travaglio, al quale seguirà la fase del parto naturale. Il parto indotto presenta differenti rischi. Uno dei questi, certo non il più grave ma il più immediato, risiede proprio nel livello di dolore avvertito dalla donna durante l’espulsione. Le contrazioni, infatti, saranno probabilmente più dolorose in questo caso. Anche il male legato al travaglio potrebbe risultare più intenso nel caso di parto indotto rispetto al parto naturale. I medici, comunque, avvertono la donna di queste possibilità e di tutti gli altri rischi del caso prima di lasciarla decidere.