Ecco tutti i consigli su cosa fare in caso di displasia in gravidanza
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Il termine displasia indica lo sviluppo anormale delle cellule che compongono un tessuto o un organo del corpo umano. In genere, essa si concretizza nella perdita di controllo sui processi di sostituzione delle cellule mature con quelle immature. La condizione in questione viene spesso associata alla neoplasia, ovvero la formazione di nuove cellule che consiste nel tumore. Ovviamente, la condizione displastica può segnalare l’avvento di quella neoplastica, ma ciò non risulta implicito nella natura della prima, che presenta differenze in relazione alla seconda.
La principale consiste nel fatto che la condizione neoplastica si rivela sempre reversibile. Ciò implica che, se trattata tramite una terapia adeguata ad efficace, è possibile tornare alla situazione di partenza. L’alterazione che avviene può consistere in un’alterazione qualitativa o morfologica o, talvolta, anche quantitativa. Il tessuto la cui struttura cellulare viene modificata è generalmente, seppur non sempre, epiteliale.
Come abbiamo detto, la displasia corrisponde a una modificazione di tipo morfologico, qualitativo o quantitativo delle cellule di un tessuto, il più delle volte epiteliale. Un tessuto interessato da questo tipo di evento viene quindi definito displastico. Esso presenterà alcune peculiari caratteristiche. Molte delle sue cellule, infatti, presenteranno numerose variazioni rispetto a quella che viene considerata la norma.
Le irregolarità a cui facciamo riferimento interessano le dimensioni, la forma e le proprietà cromatiniche delle cellule, nonché a disposizione delle stesse all’interno del tessuto. La displasia, ovvero questa modificazione del tessuto cellulare, può rivelarsi di tre diversi livelli di gravità, a seconda del caso: lieve, moderato oppure severo.
Il termine impiegato corrisponde quindi alla classificazione medico-oncologica delle alterazioni che avvengono. Facciamo un esempio pratico per capire in cosa consistono. Consideriamo un normale tessuto epiteliale, che consiste nella sovrapposizione di diversi strati di cellule. Se osservate al microscopio, le cellule in questione appaiono appiattite negli strati superficiali e sempre più alte man mano che si scende negli strati più profondi.
Cosa accade invece in un tessuto displastico? In questo caso, la naturale disposizione delle cellule e/o la loro forma o dimensione risultano alterate. Ad esempio, possiamo riscontrare la presenza di cellule alte negli strati superficiali del tessuto o, viceversa, un’abbondanza di cellule appiattite negli strati più profondi.
Come occorre comportarsi quindi, ma innanzitutto cosa avviene, quando il suddetto fenomeno si presenta in una donna in stato di gravidanza? Il tipo di displasia che maggiormente interessa la gravidanza è quello che colpisce il tessuto della cervice uterina. La condizione displastica può manifestarsi durante la gravidanza ma anche essere preesistente a essa. In caso di displasia lieve, talvolta, essa può scomparire proprio dopo la gestazione.
Il meccanismo con cui avviene con è ancora completamente chiaro, ma si ipotizza che durante il parto vaginale avvenga anche l’asportazione dell’epitelio affetto dal problema. In genere, comunque, non si effettuano interventi chirurgici durante la gravidanza; al contrario, si preferisce adottare una condotta d’attesa. Un intervento, infatti, potrebbe generare complicanze come emorragia e aborto spontaneo, dunque si preferisce attendere un periodo compreso tra le sei e le dodici settimane oltre il parto.
L’unica circostanza nella quale ci si riserva la possibilità di intervenire prima del parto è quella di condizione displastica severa. In questo caso, si procede con un trattamento escissionale del tessuto patologico, effettuato preferibilmente tra le quattordicesima e la ventesima settimana di gestazione. L’intervento viene eseguito in regime di ricovero ospedaliero e sotto guida colposcopica. Al tempo stesso, in sala operatoria, deve essere eseguito un esame istologico.
Inoltre, è necessario limitare al minimo la quantità di tessuto asportato. Se la condizione dovesse degenerare in neoplasia, e in particolare in carcinoma della cervice uterina, le modalità di intervento sono diverse e devono essere decise dalla gestante con l’aiuto di uno specialista. Non esistono prove del fatto che la gravidanza influenzi negativamente tale condizione.
Ma quali sono i rimedi per risolvere una situazione displastica? Come accennavamo prima, quest’ultima differisce dalla neoplasia soprattutto perché risulta reversibile. Le caratteristiche morfologiche e quantitative dei due tipi di cellule appaiono simili. Ciononostante, il processo displastico risulta potenzialmente reversibile. Diciamo ‘potenzialmente’ poiché le cellule possono tornare alla normale condizione solo a patto che si provveda a eliminare, tramite una terapia adatta, la causa scatenante all’origine dell’anomalia.
La confusione tra displasia o neoplasia non deriva soltanto dall’assonanza di questi due nomi. Infatti, occorre considerare che in alcune circostanze la condizione displastica rappresenta il preludio della formazione di un tumore maligno sulla parte di epitelio interessata. Tuttavia, tale degenerazione non si applica a qualsiasi caso e non costituisce una conseguenza certa.