Se il cervello, protraendosi l’apnea, non riceve più una quantità sufficiente di ossigeno, il bambino può addirittura perdere conoscenza, può irrigidirsi o presentare qualche scossa agli arti, quasi come se fosse in preda ad una crisi convulsiva (ma non si tratta assolutamente di convulsioni!). Questa pseudo-crisi costituisce lo spasmo affettivo, che si risolve sempre spontaneamente e non comporta nessun pericolo e nessun rischio per il bambino, tanto meno di insorgenza di epilessia. Gli spasmi affettivi sono abbastanza frequenti, circa il 5% dei bambini fra i 6 mesi e i 18 mesi (a volte durano anche 2 o 3 anni) li possono presentare. Essi si verificano in bambini costituzionalmente predisposti, ma soprattutto inseriti in situazioni ambientali non ideali. Il bambino, vivendo in un ambiente non sereno conseguente a una conflittualità intrafamiliare o a un’insicurezza materna (mamme troppo ansiose, insicure, emotive, forse dal punto di vista psicologico non ancora sufficientemente adeguate per il loro ruolo), non riesce ad acquisire la capacità di tollerare le frustrazioni e reagisce a ogni contrarietà con un’eccessiva aggressività rivolta però verso se stesso. Di fronte a un bambino che presenta lo spasmo affettivo non bisogna fare nulla; lasciare che si calmi, quasi disinteressandosi del suo stato. Più è circondato dalla concitazione di genitori o nonni e più si compiace di esibire il suo “spasmo affettivo”. E importante NON mostrare: troppa enfasi, coinvolgimento e preoccupazione. E utile invece: sparire di scena e mostrarsi poco coinvolti. Queste strategie aiuteranno questo tipo di manifestazione che avviene nel bambino.