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Affrontare la propria malattia dei figli è un evento stressante, che può mettere in discussione la fiducia in sé stessi. Se però ad ammalarsi sono i figli, oltre a preoccupati spettatori, si diventa subito ansiosi caregiver. Tecnicamente, il “caregiver” è chiunque offra assistenza al malato, quindi può essere anche un membro esterno rispetto al nucleo familiare. Nel caso di giovani pazienti, tuttavia, si tratta quasi sempre di entrambi i genitori o di uno di essi.
I volti della malattia
Gli anglosassoni usano tre parole distinte per definire la malattia e analizzarne ogni più piccola sfumatura. Esiste perciò la “disease”, ossia la patologia con le sue manifestazioni cliniche, la “illness”, ossia la malattia con le sue implicazioni emotive, ma c’à anche la “sickness”, cioè il peso sociale della perdita della salute.
Un bambino che si ammala avverte in modo trasparente il proprio dolore ma deve metabolizzare anche quello di chi gli gravita attorno. Il suo stile di vita viene completamente stravolto, dovendo magari rinunciare alle pietanze preferite, al parco giochi e alla routine scolastica. Per tale ragione è importante comunicargli fiducia, rispondere a tutte le sue domande e dissipare costantemente le sue paure. Riuscire in questa impresa titanica, significa imparare a gestire i propri sentimenti, minimizzando l’apprensione per le visite e lo stress delle terapie.
Malattia dei figli: bambini e adolescenti
Vi sono numerose ragioni per le quali i reparti pediatrici sono un’esplosione di colori. Ovviamente l’obbiettivo principale è creare un ambiente confortevole, così che il primo incontro tra il bambino e l’unità operativa non sia traumatizzante. Dall’altro vi è l’esigenza, attraverso il gioco, di spiegare al minore la sua patologia, in modo che possa osservarla senza temerne le conseguenze. Questo approccio terapeutico, fatto di ludoteche attrezzate, medici sorridenti ed infermieri sempre pronti allo scherzo, riesce ad esorcizzare le sue paure, rasserenando persino i genitori.
Se ad entrare in corsia sono invece gli adolescenti, l’ambientazione cambia un po’, dal momento che al teenager non bisogna indorare la pillola. Inutile mentire, insomma, i ragazzi sanno usare perfettamente i motori di ricerca e percepiscono la gravità della loro condizione. Fortunatamente, l’atteggiamento di ribellione tipico di questa fascia d’età, può rendere i giovani molto tenaci e desiderosi di vincere la malattia. Con loro il genitore deve parlare apertamente e, se possibile, contattare uno psicoterapeuta. Attraverso questi professionisti, infatti, si risolvono sul nascere le tensioni dovute alla patologia. Se poi sono necessari interventi chirurgici o terapie di lunga durata, lo psicologo può evitare che tali problematiche finiscano per esacerbare i sentimenti negativi.
Affrontare il dolore
Consigli pratici sulla malattia dei figli
Interfacciarsi con la malattia di un figlio significa provare la più grande paura umana. Quello che infatti ogni genitore non vorrebbe mai dover sperimentare è il dolore dei propri pargoli. Va detto che sia i bambini che gli adolescenti, sono capacissimi di comprendere il linguaggio non verbale, quindi dissimulare una grande angoscia non è sempre fattibile. Al fine di mantenere consapevolezza e lucidità, è bene che il caregiver si ritagli un adeguato supporto emotivo: si può piangere davanti a familiari ed amici, ma mai in presenza dell’ammalato.
Se non si dispone di una solida rete sociale, si può sempre sfruttare l’anonimato del web, fatto di forum, blog e siti tematici. È inoltre imperativo che gli adulti non stravolgano troppo la routine familiare, poiché il figlio potrebbe avvertire una certa responsabilità e covare amarezza. In caso di sconforto, è opportuno usare frasi di incoraggiamento e proporre tante piccole attività quotidiane. Fare passeggiate, cucinare un dolce, guardare un’intera saga fantasy sono esempi pratici. Tali esperienze, fonte di gioia e condivisione, vanno però calibrate alle condizioni di salute. Il loro scopo è quello di ripristinare l’autostima, rafforzare il senso di protezione e migliorare l’umore dell’ammalato.