Carenza di vitamina D in gravidanza: di cosa si tratta, quali sono le conseguenze per la salute della mamma e del bambino.
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La vitamina D è considerata essenziale per molti processi dell’organismo, oltre che utile nella prevenzione del cancro e altre malattie. Inoltre, risulta fondamentale nel prevenire i problemi ossei, il diabete, l’ipertensione. Carenza di vitamina D in gravidanza: quali sono le conseguenze e come rimediare? Scopriamolo insieme.
La vitamina D è una vitamina liposolubile e quindi la accumuliamo nel fegato. Di conseguenza, non risulta necessario assumerla con regolarità, attraverso i cibi, dal momento che il corpo la rilascia a piccole dosi quando il suo utilizzo diventa necessario.
La vitamina D si presenta sotto due forme: l’ergocalciferolo, che viene assunto con il cibo, e il colecalciferolo, che viene sintetizzato dal nostro organismo. Perlopiù, la vitamina D viene sintetizzata dal nostro organismo attraverso l’assorbimento dei raggi del sole operato dalla pelle.
Questa vitamina è un regolatore del metabolismo del calcio. Per questo motivo, quindi, risulta utile nell’azione di calcificazione delle ossa, contribuisce inoltre a mantenere nella norma i livelli di calcio e di fosforo nel sangue.
Il deficit di vitamina D durante la gravidanza può alterare il normale meccanismo di preservazione dello scheletro materno e impedire la corretta formazione dello scheletro fetale e anche dei denti. Inoltre, è stata associata a numerose sindromi ostetriche, tra cui la preeclampsia, il parto pretermine e a un aumentato rischio di neonati più piccoli rispetto all’età gestazionale o con basso peso alla nascita.
Per quanto riguarda le conseguenze sul feto, questa condizione sembra poter generare una sorta di “imprinting”. In questo modo aumenta il rischio nel neonato di sviluppare alcune malattie croniche. Bassi livelli di vitamina D nel sangue cordonale sembrano aumentare il rischio di infezioni delle vie bronchiali e respiratorie o problemi allergici nel bambino.
Il deficit di vitamina D può avere anche effetti a lungo termine: ridotta capacità polmonare a 6 anni, difficoltà neurocognitive a 10 anni, aumentato rischio di disturbi alimentari nell’adolescenza, ridotto picco di massa ossea a 20 anni di età.
La principale fonte di vitamina D non è alimentare, ma la produciamo soprattutto quando ci esponiamo ai raggi del sole. Per garantire all’organismo la vitamina D necessaria è sufficiente esporsi per circa 10-15 minuti al giorno; in gravidanza, però, è particolarmente importante proteggersi adeguatamente.
Per quanto riguarda, invece, le fonti alimentari di vitamina D:
Solitamente, le donne in gravidanza assumono integratori multivitaminici che contengono anche vitamina D. Durante i nove mesi di gestazione infatti la donna ha bisogno di un maggior quantitativo di nutrienti per preservare la sua salute e quella del feto. Naturalmente, però, gli integratori non sostituiscono le buone abitudini, ma vanno a integrarle.