Giocare ai videogiochi non fa male quanto si crede, anzi, è di grande aiuto per i bambini - soprattutto se affetti da dislessia. Vediamo perché!
Giocare ai videogiochi non è un’attività dannosa quanto si crede, anzi, è di grande aiuto per i bambini – soprattutto se affetti da dislessia.
A sdoganare la tradizionale concezione negativa che si ha dei videogiochi è uno studio condotto da due ricercatori dell’Università di Padova, Sara Bertoni e Sandro Franceschini, per il Dipartimento di Psicologia Generale, e pubblicato sulla rivista scientifica «Neuropsychologia». Secondo i due studiosi, infatti, i bambini dislessici che associano alla terapia tradizionale l’utilizzo di giochi digitali riescono a leggere molto più velocemente e sviluppano una migliore memoria uditiva a breve termine.
In realtà, questa non è la prima indagine che analizza il ruolo dei videogiochi in relazione al trattamento della dislessia. Studi precedenti, infatti, hanno già evidenziato che l’inserimento di momenti di gioco online all’interno della terapia può migliorare la velocità di lettura, le abilità attentive e la memoria verbale a breve termine in bambini affetti da dislessia.
I due ricercatori di Padova, però, hanno condotto un trattamento sperimentale su bambini con dislessia grave che non traggono benefici dalle terapie tradizionali, dimostrando quindi che anche nei casi più difficili si può combattere la malattia. Tuttavia, non è sufficiente giocare ai videogiochi per ottenere miglioramenti tangibili: il trattamento si rivela efficace, infatti, solo nel caso in cui i bambini riescono a migliorare il proprio punteggio con il susseguirsi delle partite giocate. Ciò che fa la differenza, dunque, è la capacità dei bambini di comprendere le regole del gioco scelto e di migliorare a furia di giocarci.
I bambini che hanno partecipato alla ricerca sono stati sottoposti a due settimane di trattamento, che prevedeva 12 incontri al giorno della durata di un’ora. Ai piccoli veniva chiesto di scegliere un videogioco d’azione tra quelli proposti, proprio perché questo genere si caratterizza per la velocità di gioco e l’imprevedibilità di eventi che si susseguono, e richiede grande concentrazione nonché costante utilizzo dell’attenzione visiva. Una volta conclusa la terapia, i bambini sono stati divisi in gruppi diversi a seconda dei punteggi ottenuti nei videogiochi: confrontando i risultati e le misurazioni iniziali, è emerso che il gruppo con punteggi migliori aveva anche ottenuto benefici maggiori nella lettura e nella memoria.
Il legame tra videogiochi e libri dipende dal fatto che le abilità attentive e percettive utilizzate mentre si gioca sono le stesse necessarie per la lettura: di conseguenza, l’attività videoludica permette un ulteriore allenamento di queste abilità, al punto che, stando ai risultati dei test, i miglioramenti ottenuti da un bambino sottoposto al trattamento coi videogiochi sono pari a quelli ottenuti da un bambino che segue una terapia tradizionale in un anno di sviluppo spontaneo.
Ad ogni modo, non basta mettere un bambino davanti a uno schermo e farlo giocare per vedere dei miglioramenti nella lettura e nella memoria. Nonostante si tratti di un’attività ricreativa, è fondamentale specificare che l’utilizzo dei videogiochi con questa finalità deve essere considerato parte della terapia a tutti gli effetti, e quindi è necessaria la presenza e la supervisione di un esperto che si occupi di psicologia dello sviluppo. Solo così, infatti, il bambino sarà seguito nel modo corretto e potrà ottenere dei benefici effettivi dal trattamento.
Questa scoperta sicuramente sarà di grande aiuto per la lotta contro uno dei disturbi dell’apprendimento più diffusi tra i bambini – e magari contribuirà a diffondere una nuova consapevolezza sull’utilizzo dei videogiochi. Tuttavia, è bene ricordare che la dislessia spesso è accompagnata da altri disturbi dell’apprendimento, come discalculia, disortografia e disgrafia, quindi è necessario proseguire la ricerca e trovare un trattamento efficace a 360 gradi.