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La gravidanza è considerato da molti il periodo più bello della vita di una donna, ma può anche trasformarsi in un vero e proprio calvario quando ci si trova a combattere con nausee, mal di stomaco, mal di testa e, soprattutto, infezioni.
Come curarsi in gravidanza
Per curare queste ultime, solitamente, si ricorre agli antibiotici, ma in gravidanza non si possono assumere medicinali, neanche per un banale mal di testa, a meno che non si tratti di paracetamolo. Recenti studi, tuttavia, hanno confermato la possibilità per le donne in gravidanza di ricorrere ad alcuni tipi di antibiotici per combattere le possibili infezioni di natura batterica, che solitamente riguardano le vie urinarie, delle vie respiratorie e quelle trasmesse sessualmente. Le ricerche portate avanti in questi anni hanno analizzato gli effetti di varie tipologie di antibiotico sulle donne in dolce attesa e sui feti e sono arrivate ad indicare alcuni antibiotici che possono essere assunti senza rischi, ovviamente sempre sotto prescrizione medica.
Il fai da te, infatti, è sempre sconsigliato e lo è ancora di più quando ci si trova in stato interessante. Gli antibiotici devono essere utilizzati con cautela e solo se strettamente necessario. Il periodo più delicato durante la gravidanza sono i primi tre mesi di gestazione, mentre negli ultimi tre mesi, quando il feto è mgià formato, ci sono minori rischi nell’uso degli antibiotici, che devono comunque essere prescritti da un medico. Per molti anni sono stati vietati in gravidanza, ma oggi la convinzione è che la donna in dolce attesa debba combattere le infezioni batteriche assumendo antibiotici mirati e sicuri per se stessa e per il feto. Le ricerche mediche hanno indicato tre tipi di antibiotici sicuri anche in gravidanza: le penicilline, le cefalosporine e i macrolidi. I recenti studi hanno confermato la sicurezza di questi antibiotici anche se assunti in gravidanza.
I più sicuri
Le pencilline sono la tipologia di antibiotici più sicura in gravidanza. Molti ginecologi e medici di base le prescrivono per curare infezioni nella donna in dolce attesa. Sono antibiotici a base di amoxicillina e amoxicillina con acido clavulanico. Fanno parte di questa categoria di antibiotici quelli di uso più comune come l’Augmentin e l’Unasyn. Questi farmaci attraversano la placenta e arrivano quindi anche al feto, ma in basse concentrazioni, in modo da non alterarne gli equilibri e i ritmi di crescita. Non contengono, infatti, teratogeni, elementi che possono portare ad anomalie e malformazioni del bambino durante il suo sviluppo embrionale. Inoltre, la loro composizione chimica, non mette a rischio la gravidanza e non è direttamente responsabile di eventuali parti prematuri.
L’abbinamento di acido clavulcanico dovrebbe essere fatto solo se la terapia a base di sole penicilline risulta inefficace.
Le cefalospirine sono antibiotici ad ampio spettro che agiscono come le penicilline e, come esse, sono considerate sicure in gravidanza. Fanno parte di questa categoria farmaci come il Rocefin e il Glazidim e non sono associati a rischi di aborto o di malformazioni del feto.
I macrolidi sono composti chimici ottenuti in buona parte da prodotti naturali con proprietà antibiotiche. Fanno parte di questa categoria di antibiotici l’eritromicina, l’oleandomicina e la spiramicina. Questi antibiotici possono essere utilizzati in gravidanza se la paziente non può assumere, per vari motivi, penicilline o cefalospirine, e non hanno controindicazioni importanti in gravidanza. Della categoria dei macrolidi fanno parte anche la claritromicina, l’azitromicina e la roxitromicina, ma sono antibiotici che vengono utilizzati, solitamente come seconda scelta, perché possono avere effetti collaterali in gravidanza, anche se di modesta entità.
Quali evitare
È da evitare, invece, l’uso di gentamicina, a meno che il medico non la ritenga indispensabile per curare infezioni particolari nella donna in gravidanza. Ogni tipo di antibiotico descritto, nonostante la sicurezza di assunzione anche in stato interessante, deve essere prescritto dal medico, meglio ancora se sulla base di un antibiogramma che consente di individuare il farmaco specifico per trattare l’infezione.