Allergia al nichel: cosa fare se si presenta in gravidanza

Ecco alcune informazioni sull'allergia al nichel e cosa fare se si presenta in gravidanza

L’allergia al nichel risulta un fenomeno molto comune, tanto da risultare la causa più frequente della dermatite allergica da contatto. Inoltre, sembra colpire in misura maggiore le donne rispetto agli uomini, ma appare piuttosto diffusa in entrambe i sessi. Ma innanzitutto, che cos’è in nichel? Si tratta di un elemento chimico, con sigla Ni e numero atomico 28. Si tratta di un metallo argenteo duro, duttile e malleabile che appartiene al gruppo del ferro. Inoltre, costituisce uno dei cinque elementi ferromagnetici.

Esso si accompagna spesso al cobalto e risulta straordinariamente apprezzato a causa delle proprietà che conferisce a quelle leghe metalliche di cui fa parte. Il più grande produttore mondiale di nichel risulta la Russia, seguita a ruota da Canada, Australia, Indonesia e Filippine.

Allergia al nichel in gravidanza

Per spiegare come agisce l’allergia al nichel durante la gravidanza, dobbiamo prima accennare ai fattori scatenanti che sono alla base di tale reazione allergica. Il nichel è presente in moltissimi oggetti ma anche, e soprattutto, in una molteplicità di alimenti che ogni giorno assumiamo. Purtroppo, però, indicare la quantità di nichel contenuta in un alimento non risulta possibile, poiché il parametro in questione dipende principalmente, per i vegetali, dal tipo di terreno sui quali sono stati coltivati, dalle attrezzature e sostanze utilizzate durante i diversi passaggi della filiera produttiva, nonché dagli antiparassitari impiegati.

Nelle persona la cui allergia presenta un grado severo, anche una normale alimentazione può scatenare problemi altrimenti assenti. In ogni caso, questo tipo di allergia riguarda solo una percentuale ridotta rispetto al totale delle persone a rischio. Il nichel, comunque, non si ritrova unicamente nei cibi, bensì anche in oggetti di uso comune, vestiti e gioielli. Infatti, anche le posate che normalmente utilizziamo per mangiare (cucchiai, forchetti, coltelli) contengono nichel. In quanto metallo pesante, infatti, esso si ritrova nelle cerniere lampo, nei bottoni dei pantaloni e in alcuni gioielli.

Il nichel, quindi, risulta presente in molti metalli, incluse diverse leghe e i gioielli d’oro. Le leghe in questione si trovano, tra gli altri oggetti, principalmente nei gancetti dei reggiseni, fibbie, chiavi, cacciaviti, monete. I principali responsabili delle allergie da contatto risultano poi body piercing (compresi i piercing facciali), cinturini, anelli, collane, orecchini, braccialetti e montature degli occhiali. Nelle persone non allergiche, il contatto con questi accessori non scatena alcuna reazione, che invece si manifesta circa nel 10% della popolazione.

Il problema dell’allergia al nichel assume un carattere ancora più accentuato in alcune fasi della vita delle madri. Durante la gravidanza e l’allattamento al seno, infatti, la dieta assume a maggior ragione un ruolo cruciale, che può essere compromesso proprio dalla presenza di nichel negli alimenti consumati quotidianamente. Dunque, risulta a maggior ragione importante ricevere da un medico una conferma di intolleranza. La diagnosi è legata alla recente esposizione al nichel e alla natura delle lesioni cutanee.

In ogni caso, nelle situazioni dubbie è possibile ricorrere al patch test, una prova che somministra dosi dei possibili fattori scatenanti dell’allergia, ma comunque così ridotte da non risultare pericolose neanche nei soggetti più sensibili. In seguito, per capire meglio anche il proprio livello di intolleranza, è consigliabile cominciare una dieta a eliminazione e a rotazione. Risulta cruciale eseguire tali esperimenti sotto il controllo medico, soprattutto se una gravidanza è in corso.

In gestazione, comunque, occorre prestare attenzione a non ridurre eccessivamente il proprio fabbisogno proteico. I legumi infatti, come spiegheremo, in un primo momento verranno esclusi proprio per il loro potenziale alto contenuto di nichel. In questo caso dovreste recuperare sfruttando l’apporto proteico animale, alternando pesce (almeno due volte alla settimana), carni bianche e carni rosse, nonché i formaggi tollerati dall’organismo.

Allergia al nichel rischi

Come si manifesta l’allergia al nichel? Essa risulta essere la causa primaria delle dermatiti allergiche da contatto. Come tale, vengono in genere solo le parti del corpo esposte al contatto con l’allergene, sebbene possa capitare che tali sintomi si manifestino anche in parti diverse del corpo. I sintomi in questione consistono soprattutto in lesioni cutanee molto simili a quelle tipiche dell’eczema. La superficie della pelle appare dapprima arrossate, e su di essa iniziano a formarsi delle bolle.

Inoltre, la stessa cute gonfia, pruriginosa e coperta di vescicole, che possono rompersi causando la formazione di croste. Se il contatto con il nichel si prolunga ulteriormente, i sintomi possono diventare più severi. In questo caso la pelle si ispessisce, si desquama e si screpola, assumendo al tempo stesso un colore più scuro del solito. Nel tempo, la manifestazioni allergiche possono rivelarsi, oltre che particolarmente scomode, anche dolorose. Il sistema immunitario umano reagisce in maniera differente al nichel anche sulla base di fattori genetici.

Il metallo in questione viene identificato dall’organismo come qualche cosa di estraneo, come potrebbero esserlo ad esempio anche un microrganismo patogeno oppure una scheggia. Di conseguenza, il nichel stesso viene attaccato per mezzo di una reazione infiammatoria caratterizzata da un rilascio massiccio di istamina da parte dei mastociti. L’istamina in questione provoca un prurito intenso a livello locale.

Inoltre, la stessa sostanza rende i vasi sanguigni dell’area locale maggiormente impermeabili e favorisce così l’accumulo di liquidi (le famose vesciche), di globuli bianchi e di altre sostanze la cui funzione risiede nel confinamento e nella distruzione dell’agente scatenante. L’allergia al nichel determina quindi, tra le dodici e le quarantotto ore dopo il contatto con l’agente stesso, un’eruzione cutanea che può manifestarsi in modo più o meno grave. Perché lo sfogo scompaia completamente, possono essere necessarie dalle due alle quattro settimane.

Ad amplificare e rendere più rapida e severa la reazione allergica di una persona gioca un ruolo cruciale, senza alcun dubbio, la sudorazione. Ad accelerare la risposta sembra essere proprio il contatto con umidità e acqua. Per tale ragione, un analogo discorso vale per chi espone a tali fattori le lesioni cutanee, ad esempio in ragione del particolare ambiente di lavoro in cui si trova a operare. I familiari di persone affette da questo problema risultano soggetti a un rischio più elevato di sviluppare la stessa allergia perché, come accennavamo in precedenza, nella sua determinazione giovano una parte anche i fattori genetici.

Rimedi

L’allergia al nichel non trova cura, proprio in quanto si tratta di una reazione del sistema immunitario umano a un fattore scatenante. Come tale, la mossa migliore che possa essere attuata consiste nella prevenzione, ovvero nell’evitare l’esposizione al metallo in questione. Si può iniziare evitando tutti quegli oggetti e accessori formati da leghe di metallo che contengono anche nichel. Ovviamente non si tratta di un processo semplice, in quanto il nichel si trova davvero in moltissimi oggetti del tipo che abbiamo elencato.

Cercate comunque di indossare cinture la cui fibbia non lo contiene, di cambiare i normali bottoni, di scegliere unicamente gioielli nichel-free (ne esistono ormai davvero moltissimi, proprio in ragione dell’ampia incidenza dell’allergia al nichel sulla popolazione, e l’indicazione è sempre presente sulle etichette corrispondenti). Se necessario, eliminate i vostri piercing, poiché un contatto così stretto (si trovano addirittura dentro la pelle) potrebbe dare origine alle reazioni peggiori e più violente.

Anche e soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione, occorre prestare un’attenzione particolare. Essa deve essere riservata non soltanto agli stessi cibi consumati, bensì anche agli strumenti che usiamo per mangiarli. Perché il sistema di eliminazione risulti davvero efficace, infatti, si rivela innanzitutto necessario sostituire le posate. Forchette, coltelli e cucchiaio impiegati dai soggetti allergici, in particolar modo se in gravidanza, non dovrebbero contenere nichel. La maggior parte delle posate, infatti, comprendono anche questo metallo, ma è possibile acquistarne alcune che, come sarà indicato sulla loro confezione, non ne contengono affatto. Anche le pentole e gli altri utensili da cucina dovrebbero preferibilmente avere una natura non metallica.

Se, anche dopo l’adozione di tutte queste accortezze, continuano a manifestarsi problemi di allergia al nichel, è probabile che la responsabile sia proprio l’alimentazione. Come accennavamo, solo una piccola percentuale dei soggetti allergici presenta problemi anche in relazione al cibo, legati infatti al grado più severo di allergia. Sarà il medico curante o il dietologo, in questo caso, a prescrivere una dieta basata sull’eliminazione e la rotazione. Tale sistema è utile anche a individuare con precisione il livello di allergia che colpisce il soggetto in questione.

Questo cambiamento di regime alimentare deve essere praticato unicamente sotto la guida e la sorveglianza di un medico; ciò vale a maggior ragione se la paziente è una donna in gravidanza. Infatti, durante fasi della maternità come gestazione e allattamento, l’alimentazione assume un valore ancora più importante, poiché ogni cibo ingerito viene trasmesso prima al feto attraverso la placenta e in seguito al neonato tramite il latte (solo, ovviamente, nel caso in cui l’allattamento avvenga al seno).

I cibi che vengono normalmente esclusi dalla dieta delle persone allergiche al nichel sono ostriche, cioccolato, margarine vegetali, funghi, tè, legumi, frutta secca, cacao, spinaci e aringhe. Infine, quando la reazione allergica si manifesta in modo particolarmente violento, è possibile assumere farmaci per alleviare i sintomi e accelerarne la guarigione. Sempre su prescrizione medica, è possibile utilizzare creme per uso topico con corticosteroidi o compresse a base di antistaminici.

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