La tutela legale prevista per le donne in fase di allattamento prevede l'astensione dal lavoro fino ad un massimo di 7 mesi. Vediamo i dettagli.
La maternità anticipata permette di evitare quei settori occupazionali che implicano sforzi fisici o contatto con sostanze nocive. Per una donna in gravidanza, infatti, alcune posizioni lavorative potrebbero essere più rischiose di altre. Anche dopo il parto, però, la mamma che sta allattando il suo bambino dovrebbe godere delle stesse tutele previste prima della nascita. Vediamo cosa stabilisce la legge in materia di allattamento.
In Italia è previsto un decreto legislativo a tutela delle mamme che stanno allattando i propri figli: si tratta del d.l. numero 151 del 26 marzo 2001. Nel testo sono elencate una serie di normative a sostegno delle donne in gravidanza e di quelle in allattamento. Per prima cosa, l’articolo specifica che la neo mamma debba presentare il certificato di nascita del figlio entro 30 giorno dalla data in cui quest’ultima è avvenuta. Di fronte a questa documentazione, il datore di lavoro deve redarre un documento chiamato Valutazione del rischio. In questo testo verranno elencate tutte quelle attività che potrebbero danneggiare la donna in fase di allattamento. Sulla base di questa lista e in conformità con le disposizioni previste dalla legge, si valuterà se esonerare o meno la neo mamma dal lavoro. L’esonero, però, riguarda soltanto le attività potenzialmente pericolose: infatti, alla donna verranno assegnati compiti diversi. Nel caso in cui non sia possibile trovare attività non pericolose, la mamma viene completamente esonerata dal lavoro per un massimo di 7 mesi. L’astensione è obbligatoria: ciò significa che è previsto il diritto a percepire il 100% della retribuzione prevista.
Alcuni ambienti lavorativi potrebbero nascondere al loro interno dei rischi per tutte quelle mamme in fase di allattamento. La presenza di malattie, sostanze chimiche o pericolose, infatti, potrebbero comportare dei rischi per la salute del bambino. Allo stesso modo, la mamma non dovrebbe svolgere attività troppo faticose o sforzi fisici esagerati. I fattori di rischio si possono, quindi, riassumere in tre grandi gruppi: agenti chimici, agenti biologici agenti chimici. Ad esempio l’ambiente ospedaliero espone le donne al contagio con gli ammalati o con le sostanze nocive presenti nei macchinari. Lo stesso problema si riscontra nell’ambiente industriale e in quello estetico. La ristorazione e l’agricoltura non sono indicate per i particolari sforzi che richiedono, mentre il settore dei trasporti espone a vibrazioni pericolose. Infine, l’ambiente scolastico è da evitare in quanto sede di germi e batteri portati dai bambini. Anche i rumori troppo elevati o le rapide variazioni di temperatura potrebbero disturbare l’allattamento.